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Iraq, con la Costituzione un passo avanti o indietro?

di Daniele RocchiUn sistema di governo repubblicano, federale e democratico dotato di una Carta dei diritti per salvaguardare i valori fondamentali dell’uomo, dove l’Islam è la religione ufficiale ma vengono protetti tutti gli altri culti, dove alle donne viene riservato il 25% dei seggi parlamentari. E’ questo l’Iraq pensato dalla Costituzione provvisoria irachena firmata l’8 marzo dai 25 membri del Consiglio di Governo (nella foto, un momento della firma). 62 articoli che – come afferma a Fides padre Nizar Semaan, sacerdote iracheno – “rappresentano un passo positivo per la democrazia e l’unità del Paese e per la Regione. Gli iracheni devono essere orgogliosi. Non esistono più cittadini di serie A e di serie B”. Di parere diverso lo storico Franco Cardini al quale abbiamo posto alcune domande.

Cosa pensa di questa Costituzione irachena?

“La Carta costituzionale provvisoria è stata redatta sulla base di accordi presi dall’Amministrazione americana e dai 25 membri del Consiglio governativo iracheno. L’intenzione è di mantenere l’unità del Paese e dare voce alle varie autonomie e rimediare a quella specie di forzatura storica che fu la creazione dell’Iraq che all’epoca del Governo imperiale turco era stato diviso in tre province, quella curda-sunnita al Nord, araba-sunnita al Centro e araba-sciita al Sud. Successivamente l’Iraq fu tenuto unito da due fattori: regimi autoritari e interessi petroliferi prima inglesi e ora americani”.

Quali sono i rischi di una tale operazione?

“Il rischio che si corre è quello di una Carta costituzionale pensata su basi culturali occidentali, secondo l’assunto ‘liberiamo gli iracheni, diamo loro una Costituzione occidentale’, dimenticandoci che forse non tutti sono d’accordo su questo genere di leggi. Come i fondamentalisti ad esempio. Hanno da sempre osteggiato Saddam e adesso premono per essere sentiti, cosa che non è stata fatta. Non vorrei che accadesse come in Algeria, quando nel 1991 vennero indette libere elezioni vinte dagli integralisti islamici poi deposti con un colpo di Stato appoggiato dagli Stati occidentali perché l’esito di quelle elezioni non era stato gradito”.

L’impianto della Carta sembra essere federalista…

“Si vuole dare un’autonomia e uno statuto speciale ai Curdi ai quali non può essere concessa la possibilità di formare uno Stato indipendente per non andare contro gli interessi turchi. Al tempo stesso l’autonomia curda non viene accettata dalla maggioranza sciita. Questo tentativo di far coesistere varie anime dell’Iraq mostra la volontà americana di radicare i suoi interessi in una Regione ricca di petrolio”.

C’è anche un chiaro richiamo alla libertà di culto…

“Ricordo che il dittatore Saddam Hussein ha governato per anni con un vicepresidente cristiano caldeo, Tarek Aziz e altre minoranze religiose erano tollerate. Una volta rovesciato il suo regime laico le forze più integraliste e oltranziste hanno ripreso fiato. E ora si fanno sentire e propongono l’adozione della legge islamica”.

Condivide le paure delle minoranze religiose circa l’adozione della sharia?

“La sharia non è mai stata una legge di Stato ma di carattere ‘privato’. La fatwa è un parere giuridico. Se i governi non accettano che la fatwa diventi legge questa resta privata e senza vincoli”.

E’ possibile un maggiore coinvolgimento politico delle donne nel nuovo Iraq?

“Riservare un 25% del futuro Parlamento alle donne, in un Paese dove non ci sono i presupposti per l’emancipazione femminile, così come l’intendiamo noi, mi sembra francamente una fantasia. Le donne che lavorano in Iraq non sono molte, ce ne sono di più in Iran, ad esempio, impegnate nelle professioni liberali, nello Stato nella pubblica Amministrazione. Nella struttura sociale irachena, dove conta più il nucleo familiare che i singoli membri, le donne sono impegnate soprattutto in casa. In Iraq non si è ancora modificato il concetto di famiglia e non vedo come si possa imporre qualcosa dall’alto senza un processo culturale lungo e necessario. In Occidente la lotta delle donne è iniziata alla fine dell’800”.

La Carta potrà influenzare anche i Paesi della Regione?

“Non so se questa Costituzione potrà influenzare gli Stati vicini per farli diventare ‘democratici’. E’ possibile, ma non sulla base di una Costituzione imposta dall’alto agli iracheni. Non credo che questa Carta possa rappresentare una pietra miliare nel cammino democratico dell’Iraq anche perché nasce sull’onda di una guerra causata dalla presenza di armi di distruzione di massa che non sono state mai trovate. Non credo sia questo il modo migliore di portare la libertà. I popoli vanno convinti dell’eccellenza del nostro sistema democratico e non obbligati”.