Italia
Legge Gasparri, buoni principi, ma conferma il duopolio
“Una legge che parte da buoni principi eccellenti, ma con zone di applicazione molto discutibili”. È il giudizio di FRANCESCO CASETTI, docente di comunicazione all’Università di Milano, sulla legge Gasparri, approvata in via definitiva dal Parlamento e firmata dal presidente della Repubblica. Tra i temi “caldi” del dibattito sulla nuova legge, il Sistema integrato delle comunicazioni (Sic), le prospettive del “digitale” terrestre e il ruolo del servizio pubblico.
Che tipo di innovazioni porta con sé la Gasparri?
“Tra gli aspetti estremamente positivi, includerei l’idea che le comunicazioni formano un sistema complessivo, che va favorita l’innovazione tecnologica, che il digitale può essere una buona opportunità di aumentare i canali di offerta, la suddivisione tra operatori della rete e fornitori di contenuti, il riconoscimento di nuove figure professionali e nuovi attori della comunicazione. La nuova legge è quindi condivisibile nella parte generale, che delinea i principi di fondo e allarga l’ottica dell’intervento legislativo all’intero campo della comunicazione. Altro fatto positivo è il ruolo affidato all’Authority per le comunicazioni, i cui compiti sono molto ampi e offrono garanzie di controllo nell’applicazione della legge. Nonostante ciò, su alcuni elementi applicativi credo che la legge non riesca a correggere alcune storture del sistema attuale, divenute ormai difetti di sistema”.
Quali sono i ‘difetti di sistema’ nostrani?
“Innanzitutto c’è un difetto culturale, su cui nessuna legge può intervenire: l’estrema rilevanza della televisione rispetto agli altri media. In questo ambito, l’Italia è per così dire un Paese culturalmente ‘non moderno’, che vive della centralità della tv cosa che non corrisponde a uno stato maturo del sistema delle comunicazioni di massa né alle tendenze attuali – e non fa nulla per accelerare i processi di incentivazione degli altri media. All’interno della tv, anche nel nuovo contesto legislativo è la tv generalista che continua a mantenere grandissimo rilievo: avere a disposizione ben il 20% del Sic favorirà, di fatto, un’ulteriore espansione della tv generalista, destinata a una lunghissima vita e non certo minacciata dai canali tematici, il cui destino resta ‘di nicchia’ e comunque non in grado di formare ‘massa critica'”.
‘Concentrazione’ e ‘monopolio’ restano due parole-chiave
“Il monopolio, o meglio duopolio (con il terzo attore, il satellitare), credo che verrà confermato per un lungo periodo, in quanto nella nuova legge non ci sono le condizioni per lo sviluppo di una vera concorrenza alla tv generalista, che ‘mangia’ risorse pubblicitarie e quasi obbliga a investire quasi esclusivamente in tale ambito. Il testo legislativo, infatti, non introduce correttivi interni, ad esempio obbligando le emittenze generaliste a riversare una parte delle loro risorse da un lato nella sperimentazione creativa (salvo l’utile riferimento al prodotto europeo), dall’altro nello sviluppo di aree tematiche che funzionino un po’ come i parchi cittadini di pubblica utilità, a cui chi interviene nella riattivazione di aree dimesse è ormai obbligato… Anche riguardo al digitale terrestre, da una parte l’innovazione tecnologia è giusta e necessaria, così come la moltiplicazione dei canali; dall’altra, però, il ‘budget’ di tempo che ogni utente ha a disposizione è necessariamente lo stesso (non possiamo dedicare ai media più di ventiquattro ore al giorno ), e dunque è difficile pensare che la quantità di ascolto della tv si espanda se non a discapito degli altri media. È corretto quindi moltiplicare le opportunità di scelta, perché si moltiplicano i soggetti in campo, ma occorre tenere presente che gli ‘scostamenti’ dalla tv generalista saranno nell’immediato verosimilmente marginali”.
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