Italia

Islam in Italia, un manifesto da allargare

di Maria Chiara BiagioniFa discutere il “manifesto” apparso sul Corriere della Sera (02/09/2004) dove i “musulmani d’Italia” si schierano “in modo assoluto e compatto” contro il terrorismo e rilanciano la proposta del governo di costituire una “Consulta dei musulmani d’Italia, quale strumento per favorire il dialogo tra lo Stato e la maggioranza dei musulmani moderati”. Il testo – che ha ricevuto la risposta immediata del ministro Pisanu – è firmato da una serie di personaggi: da Mario Scialoja, direttore della Lega musulmana mondiale-Italia ad un’impiegata di Cremona, “aspirante carabiniere”. Ne parliamo con STEFANO ALLIEVI, docente di sociologia all’Università di Padova, che per la rivista “Limes” ha scritto “I musulmani in Italia: chi sono e come ci vedono”. Che cosa pensa del “manifesto” apparso sul Corriere della Sera? “L’idea della Consulta va benissimo, anche se la proposta era nell’aria già da molto tempo. È positiva anche la presa di distanza dal terrorismo. Sono tutte iniziative da incoraggiare perché è segno che c’è discussione democratica all’interno delle comunità. Diverso invece sarebbe il discorso se queste operazioni – come invece è accaduto in altri Paesi – hanno una sottaciuta finalità di autolegittimazione delle realtà firmatarie agli occhi dello Stato, per accreditarsi lo status di interlocutore privilegiato. Il manifesto apparso sul CorSera non è stato fatto girare nelle comunità islamiche ed è firmato ‘ad personam’. In realtà gli interlocutori sono molti e sono molti quelli che non ci sono tra i firmatari, e non perché non siano d’accordo con le posizioni espresse dal manifesto ma semplicemente perché non sono stati contattati”. Che peso dare a simili iniziative? “Diciamo così: ben vengano tutte le prese di posizione che si distanziano da ogni clima di contrapposizione, a patto però che ci siano tutti, senza esclusione di alcuni. Queste operazioni sono positive perché mostrano alla pubblica opinione che la comunità islamica non è nemico dichiarato dell’Italia, ma al contrario partecipa alla sua vita democratica. Ma non significa che i musulmani firmatari sono i soli musulmani che partecipano a questa discussione. Perché così non è”. In un contesto islamico così frammentato, la costituzione di una Consulta appare impossibile… “No, anzi. È fattibilissima purché includa le organizzazioni rappresentative della presenza islamica in Italia, perché altrimenti sarebbe come discutere di lavoro senza ascoltare i sindacati. Il rischio che vedo è di voler scegliere alcuni interlocutori per escluderne altri. Può essere un’operazione legittima, ma sicuramente non conveniente perché non funzionerebbe. Se noi vogliamo dare un peso reale al rapporto con le comunità islamiche, dobbiamo parlare con chi è ascoltato dalle comunità e non con autoprocl amati leader. La rappresentanza dell’Islam in Italia sarà sempre per definizione plurale”. Come individuare gli interlocutori? “Scegliendone tanti e non uno, cioè prendendoli tutti. Ci sono due possibilità: o si fa come in Francia, dove il governo all’inizio ha scelto i suoi interlocutori ma poi si è accorto che per poter parlare con i musulmani presenti nel territorio francese, doveva rivolgersi ad organizzazioni che pur trovandosi su posizioni diverse, erano però più rappresentative. Oppure proporre alle comunità di fare votazioni al loro interno. Non c’è dubbio che i musulmani si sentono rappresentati dai leader religiosi. Il mondo musulmano inoltre è complesso e va tenuto presente tutto, dalle piccole alle grandi organizzazioni, dai gruppi sufi alle confraternite a carattere etnico. Il rapporto con l’Islam in Italia si gioca su due dimensioni: innanzitutto dobbiamo capire noi che cosa è l’Islam, e in questo lavoro possono essere di fondamentale importanza gli intellettuali laici. Se invece il problema è instaurare un rapporto saggio e parlare con le comunità islamiche, bisognerà allora farlo attraverso tutti i canali possibili, dagli intellettuali alle riviste, dalle organizzazioni alle moschee…”. A cosa servirebbe la consulta?

“La proposta è sostanzialmente mutuata dalla realtà frances e ed ha due funzioni. La prima è una funzione simbolica perché di fatto è un riconoscimento che la comunità islamica esiste e fa parte della vita del Paese. Una forma di legittimazione e di avvicinamento delle comunità islamiche alla vita democratica e istituzionale. La seconda funzione è dare consulenza al governo su questioni e problemi pratici, come la macellazione della carne, il Ramadan, il velo…”.

Il manifesto dei musulmani italiani