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Terra Santa, nell’abisso della miseria

“Il popolo palestinese è sempre di più nell’abisso della povertà e della disperazione”. A denunciarlo è la Caritas di Gerusalemme commentando una statistica, recentemente pubblicata dall’Ufficio centrale statistico palestinese (www.pcbs.org) sull’impatto delle misure israeliane sulle condizioni economiche delle famiglie palestinesi. Lo studio, il nono sul tema, riguarda il periodo aprile-giugno 2004 ed è stato condotto su un campione di 3.398 capifamiglia (household) nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. 2.228 sono stati i questionari distribuiti in Cisgiordania e 1.170 quelli nella Striscia di Gaza. Dall’indagine emerge che 226mila famiglie palestinesi hanno visto calare di oltre il 50% il loro reddito e il 22,6% di quelle residenti a Gaza soffrono condizioni di vita altamente critiche.

REDDITO FAMILIARE. I risultati mostrano che il reddito medio nei Territori palestinesi è sceso dai 2.500 Nis (equivalenti a 706 euro), prima dello scoppio della seconda intifada, ai 1.600 (289 euro), del periodo aprile-giugno 2004. La diminuzione, tuttavia, varia da regione a regione. Ad esempio il reddito medio mensile in Cisgiordania è passato da 3.000 Nis (847 euro) a 2.000 Nis (361 euro) mentre nella Striscia di Gaza è passato da 1.500 Nis (423 euro) a 1.200 Nis (216 euro).

FONTI DI GUADAGNO. Dalla ricerca emerge che le principali fonti di sostegno per i palestinesi sono, relativamente al periodo dell’indagine, stipendi dal settore privato (30,7%) seguiti da quelli del settore pubblico (19,9%) e da altri progetti (households projects) (14,2%).

I CONSUMI. Il 58,2% della popolazione nei Territori occupati ha ridotto i propri consumi, relativamente ai bisogni primari. Percentuale che sale al 59,5% in Cisgiordania e che scende al 55,4% nella Striscia di Gaza.

AIUTI UMANITARI. Il 21,2 degli intervistati ha affermato di avere ricevuto degli aiuti umanitari, il 18,2% in Cisgiordania e il 27,2% a Gaza. L’aiuto economico, secondo quanto riferito dal 13,1% del campione, non supera i 100 Nis, il 39,5% ha ricevuto meno di 200 Nis ed il 58,2% meno di 300 Nis. Il 25,6% degli aiuti arriva dall’ente delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), il 14,3% dai familiari, il 10% dai sindacati e il 28,8% dalle Istituzioni. Il 52,8% degli aiuti è sotto forma di cibo, il 28,6% in denaro.

ISOGNI PRIMARI. In questo ambito i risultati sono molto chiari: il 38,4% del campione definisce il cibo come vera e propria necessità, il 19,9% sceglie il lavoro, il 18,9% il denaro, il 9% l’istruzione e il 6,4% i servizi sanitari. A questo riguardo il 45,3% degli intervistati ha dichiarato di avere problemi nell’accesso ai servizi sanitari a causa dell’alto costo dei medicinali. Per il 40,1% la difficoltà nasce dall’occupazione militare israeliana, dai posti di blocco israeliani (38,3%) e dalla barriera difensiva in costruzione (8,9%).

LE RICHIESTE DELLA CARITAS GERUSALEMME. Alla luce di queste statistiche la Caritas, che lavora in Terra Santa dal 1967, in un comunicato chiede “un intervento umanitario nei Territori palestinesi” basato su “creazione di programmi di lavoro, progetti di micro-credito, assistenza medica a medio e lungo termine, assistenza sociale ed umanitaria, accesso alle cure sanitarie. Il popolo palestinese è sempre di più nell’abisso della povertà e della disperazione”. a cura di Daniele Rocchi