Italia
Scelli a Prato: Croce Rossa, prima di tutto la pace
Ad ascoltare Scelli ci saranno state più di trecento persone. Tifo da stadio all’arrivo e alla partenza. Lui, Scelli, non si sottrae all’entusiasmo dei suoi. Quel suo fisico mingherlino, quasi sofferente, sembra perfino stonare con il personaggio. Il commissario conosce bene le critiche che gli vengono rivolte da più parti: aver politicizzato la Croce Rossa ed esporsi troppo ai riflettori: «Sono il commissario supermediatico», scherza in sala. Ma la scena la sa reggere eccome: «Questa è la sera delle sere esordisce : siamo qui per darci un mandato, essere operatori di pace». A Prato Scelli parla di pace ma si racconta anche, quasi si confida. «La pace non è un’utopia. È storia, è realtà di ogni giorno. La pace viene meno nel momento in cui una persona entra in ascensore e noi ci giriamo da quell’altra parte. Magari proprio chi va a manifestare chiosa poi non guarda il vicino di casa».
L’entusiasmo che trasmette è palpabile e benché da una posizione di neutralità quale è la guida della Croce Rossa non soltanto non fa mistero della propria fede cattolica ma quasi la sollecita nei suoi uomini. Scelli prima di venir nominato dal Governo nel 2002 Commissario straordinario è stato a lungo ai vertici dell’Unitalsi. Come segretario nazionale dal 1993 al 2001 ha impresso una svolta alla storica associazione che trasporta gli ammalati a Lourdes: grandi eventi sua l’idea dei concerti di Gianni Morandi e di altri cantanti famosi crociere per i disabili e piglio manageriale. «Mi avvicinai all’Unitalsi quasi perché costretto da mia madre, che voleva che ringraziassi la Madonna per essere uscito da una lunga malattia. Per me fu una svolta, quella di condividere la sofferenza e poter lottare per essa». Ma dopo diversi anni la stanchezza: «Portai un gruppo di bambini malati terminali ad Eurodisney. Ebbene, i gestori cercarono di dissuardermi, promettendo perfino un’offerta se li avessi portati altrove». Troppe, a suo dire, «le porte sbattute in faccia dal potere». Per questo decide di lasciare l’Unitalsi. «Qualcuno aggiunge spiazzando i molti soci presenti in sala tirò un sospiro di sollievo. Perché sono uno che ha rotto le scatole».
Nel 2001 arriva la breve esperienza politica, come candidato alla Camera dei Deputati per Forza Italia. Non viene eletto, ma pochi mesi dopo «arriva l’occasione della mia vita», come Scelli stesso la definisce: la Croce Rossa. E, soprattutto, la guerra in Irak con la decisione di partire «senza corso di preparazione e senza vaccinazioni». Un video ripercorre l’impegno secondo molti controverso ma comunque decisivo per la liberazione degli ostaggi. Qualcuno in sala nota che manca un cenno al povero Enzo Baldoni, l’unico caso del tutto irrisolto. Per Scelli la guerra ormai è finita da tempo. La questione Irak va sottratta al dibattito politico.
«Avete notato afferma che da quando è stato rieletto Bush è crollata l’attenzione sull’Irak? Forse certe manifestazioni erano davvero strumentali. Le contestazioni lasciamole a chi non ha niente da fare». Scrosciano gli applausi. Scelli cede la parola ad una cantante, che interpreta anche una preghiera del Papa. Vorrebbe le luci soffuse: commissario certo, ma ai suoi sembra voler apparire soprattutto straordinario: «Questa sera per noi è un capodanno, la nostra vita da stasera deve cambiare», è il mandato finale.