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Tragedia tsunami, ricominciare da capo

di Patrizia CaiffaNon crede molto alle notizie sul rapimento di orfani a scopo di sfruttamento sessuale ma invita gli italiani ad andare in Thailandia per salvare il turismo e l’economia locale. E per quanto riguarda il personale occidentale da inviare insieme agli aiuti umanitari, «meglio lasciare il lavoro alla gente del posto, altrimenti si crea solo confusione». A parlare è padre Angelo Campagnoli, 69 anni, missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) in Thailandia da 32 anni, a Chiang Mai. Pur essendo a quasi 2 mila km dai luoghi della catastrofe (solo in Thailandia sono state 5.187 le vittime), padre Campagnoli sta coordinando gli aiuti in contatto con la Chiesa e i missionari locali. Nel mondo è scattata una gara di solidarietà senza pari. Come procedono gli aiuti dal punto di vista di chi li riceve?«Tutti sembrano interessati ad aiutare in vari modi, a partire dal re della Thailandia, che ha detto di voler pensare personalmente a tutti gli orfani. Però n on sappiamo ancora in che modo, se immediatamente o a lunga scadenza. Noi della Chiesa cattolica abbiamo ricevuto molti aiuti. Basti pensare che da solo ho raccolto 40.000 euro. Abbiamo mandato a padre Bancha, parroco di Phuket, le prime somme per l’acquisto dei materiali di urgenza. Abbiamo mandato dei giovani esperti per censire le famiglie bisognose e stiamo cercando cibi a lunga conservazione e utensili per la cucina. Decine di migliaia di famiglie devono ricominciare da capo. Gli aiuti saranno preziosi e dovranno essere ben distribuiti ed è ciò che la Chiesa cattolica vuol fare con molta cautela. Nel frattempo bisogna pensare a rimettere in piedi il piccolo commercio e ad aiutare i disoccupati del turismo. La comunità cristiana si sta attivando per aiutare i non cristiani, soprattutto i tanti musulmani presenti in quelle zone, con i quali abbiamo un rapporto di stima e rispetto. Nelle nostre scuole solo il 10% sono cristiani, gli altri sono non cristiani che chiedono comunque la nostra educazione».

Si parla di orfani rapiti a scopo di sfruttamento sessuale, le risulta?

«Qui in Thailandia è da escludere completamente. La gente ha paura di fare il male perché, secondo il buddismo, se sbagli paghi. Sulla costa sono però tanti gli orfani: circa 60 hanno perso papà e mamma, 40 hanno perso il papà e 17 la mamma. Ma parecchi bambini che abbiamo raccolto nei nostri centri sulla costa hanno già ritrovato i genitori o i parenti. Bisognerà poi provvedere alla scuola, al mantenimento».

Serve inviare personale internazionale oltre agli aiuti umanitari?

«Il capo dell’esercito del Sud ci ha detto che è inutile mandare giù altra gente, perché si porta solo confusione, soprattutto se non si conosce la lingua. Oramai i dispersi sono nelle fosse di acqua stagnante, per cui bisogna bonificare al più presto. Si tende a far lavorare i tailandesi a tempo pieno per ristabilire un modus vivendi libero dall’incubo delle malattie, perché le pozze sono un covo di malaria e di altre malattie infettive».

Sono passati pochi giorni dalla tragedia e già si vedono foto di turisti che prendono il sole… Che ne pensa?

«Purtroppo è vero e fa una certa impressione. Ma i thai stessi dicono: “Per favore non abbandonateci, anche se al momento non potete venire qui andate nelle altre località”. Anche io ho detto ai miei amici di venire a fare un bel giro in Thailandia perché il turismo è comunque la prima entrata della nazione».

Potrebbe essere l’occasione per ricostruire forme di turismo più rispettose dell’ambiente, della popolazione e delle culture locali?

«Il turismo sessuale non è più così sfacciato come anni fa ma esiste in modo subdolo ed essendo un fatto culturale noi insistiamo sull’educazione, per dare dignità ai poveri».

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