Italia

Cina e Taiwan: diritti umani e interessi economici

In Cina il Parlamento ha approvato nei giorni scorsi una “legge anti-secessione” che consente l’uso della forza se Taiwan dichiarerà l’indipendenza. Secondo padre ANGELO LAZZAROTTO, missionario del Pime, per 15 anni ad Hong Kong e quindi grande conoscitore del popolo cinese, si tratta di “una schermaglia politica interna” che ha in sé “il pericolo che nasca un incidente che porti alla catastrofe”, ma questo “dipende dal buon senso dei dirigenti e dalla moderazione che gli Usa e i Paesi limitrofi vorranno imporre. Lo stesso interesse della Cina – secondo padre Lazzarotto – porterà a non complicare le cose”. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Cosa implica l’approvazione della legge anti-secessionista?

“La legge é una schermaglia che risponde al nazionalismo di Pechino e alla pressione dei ‘falchi’ nel governo, nel partito e nei vertici dell’Armata Rossa. Il partito si è sempre appoggiato alle forze armate, che hanno una costituzione molto legata all’ideologia. Ora è avvenuto un passaggio di poteri nel governo perché il primo ministro e presidente della Repubblica e il segretario generale del partito, eletti due anni fa, hanno in mano il potere ma devono fare i conti con queste forze interne. Anche perché il presidente della Repubblica, che ha assunto anche la presidenza della potente commissione militare che influisce su tutte le strategie del governo, ha fatto sì che le forze armate avessero un aumento di budget delle spese militari del 12%”.

Per Taiwan “è una seria provocazione”: come mantenere dialogo e pace?

“Cinquant’anni fa, quando il governo nazionalista si trasferì a Taipei, le due capitali dicevano di essere un’unica Cina. Nel frattempo la vecchia generazione di generali e comandanti del governo nazionalista di Taiwan è morta. Per cui anni fa il partito nazionalista ha perso il controllo del governo a Taiwan ed è nato un partito indipendista e secessionista. Il presidente attuale è membro di questo partito. Però si è accorto che se lasciava le redini al partito si sarebbe creata una brutta situazione di confronto, per cui si è tirato un po’ indietro. In questi 50 anni Taiwan si è sviluppata in maniera enorme, anche perché è appoggiata dagli Stati Uniti. La sua tecnologia è tra le più avanzate, è uno dei piccoli dragoni dell’Estremo Oriente. Gran parte dei capitalisti di Taiwan investono soldi nella Cina comunista… e sappiamo che i soldi non hanno odore e colore. Non hanno nessun interesse a far scoppiare una guerra, anzi si sta lentamente sciogliendo la diffidenza reciproca. Certo, c’è sempre il pericolo che nasca un incidente che porti alla catastrofe e questo purtroppo avviene anche altrove. Dipende dal buon senso dei dirigenti e dalla moderazione che Usa e Paesi limitrofi vorranno imporre. E lo stesso interesse della Cina porterà a non complicare le cose”.

Con l’apertura dei mercati la Cina può diventare una nuova protagonista della comunità internazionale o una minaccia concreta all’ordine mondiale?

“L’isolazionismo economico dei tempi di Mao non ha portato niente di buono alla Cina ma con Den Xiao Ping e poi con l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio la Cina ha deciso di aprirsi al mondo, e questo è nell’interesse di tutti. Un Paese che cresce del 9% annuo ha bisogno di mercati non solo nel Sud-Est asiatico. Naturalmente questo rischia di turbare equilibrio e ordine di altri Paesi”.

Può l’apertura economica all’occidente favorire il rispetto dei diritti umani?

“I diritti umani vanno al di là degli interessi economici. Purtroppo, troppo spesso, anche l’Occidente, pur di approfittare della crescita del grande mercato cinese, dimentica di porre come condizione il rispetto di un minimo di diritti umani e di sicurezza sociale per i lavoratori cinesi, costretti a lavorare in condizioni terribili. Mercato e diritti umani sono due discorsi che vanno portati avanti contemporaneamente a due livelli diversi. Gruppi come Amnesty international e altri premono perché i Paesi che dialogano e fanno affari con la Cina tengano sempre presente questa realtà. In Cina, pur di avere più disponibilità sui mercati mondiali calpestano i diritti dei lavoratori, che sono privi di coperture sociali. I loro diritti devono essere tutelati anche con l’aiuto dell’Occidente”.

In questi giorni anche il vicepresidente del Parlamento europeo ha chiesto il rispetto della libertà religiosa in Cina e la liberazione dei preti in carcere…

“È solo una piccola parte dei diritti umani calpestati, in un Paese in cui la pena di morte è applicata con una facilità impressionante. La gente rischia il carcere solo perché denuncia situazioni di ingiustizia. Bisogna avere grande pazienza e speranza, non stare zitti e andare avanti a piccoli passi”.A CURA DI PATRIZIA CAIFFA

Asia, qui la Chiesa rinasce sul sangue dei martiri