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Adolescenti, scuola, parrocchia. Convegno nazionale a Grosseto

di Dante CarollaResponsabile regionale di Pastorale scolasticaGiovedì scorso 9 giugno, si è tenuta presso la sede della CEI a Roma, la riunione della Consulta nazionale di Pastorale scolastica presieduta da don Bruno Stenco, Direttore dell’Ufficio nazionale per l’Educazione, la Scuola e l’Università. La maggior parte del tempo a disposizione è stata dedicata alla preparazione del prossimo Convegno che si terrà proprio in Toscana, e precisamente a Grosseto, dal 6 al 9 luglio prossimi sul tema: «L’adolescente e la costruzione dell’identità: il secondo ciclo dell’istruzione e della formazione e la comunità cristiana».

Il convegno si colloca in continuità con i quattro seminari che l’ufficio nazionale ha promosso l’anno scorso su «Manipolazione e artificializzazione», «Costruzione dell’identità», «Economia e lavoro» e «Interculturalità», temi che sono sembrati fra i più significativi nel quadro delle sfide attuali nel campo dell’ educazione. «Abbiamo visto però – notava don Stenco – che il tema dell’educazione rimaneva abbastanza imbrigliato all’interno del mondo della scuola che rischia sempre di essere un po’ autoreferenziale. Si è pensato allora di mettere al centro il tema dell’educazione in quanto tale, per inserire il capitolo “scuola”nell’orizzonte più ampio del discorso educativo. Il Convegno di Grosseto, dunque, si propone una ripresa di contatti per sviluppare una riflessione e un confronto su questi temi, fra comunità cristiana e mondo della scuola e promuovere così un maggior coordinamento per quanto riguarda la Pastorale scolastica».

È stato distribuito anche un breve documento di lavoro in preparazione al convegno intitolato «Le sfide dell’educazione; la costruzione dell’identità». Dopo aver esaminato alcune difficoltà con cui i giovani si imbattono e alcune «leve» positive offerte dalla cultura odierna, in particolare il bisogno di autenticità dei giovani, il documento indica alcuni «temi caldi» che costituiscono le emergenze educative che tutti siamo chiamati ad affrontare:

1) L’orientamento personale e professionale, la costruzione della propria identità anche in prospettiva vocazionale.

2) Il valore della vita e della sua dignità tenendo conto anche del dibattito bioetico contemporaneo.

3) Il valore della sessualità, della costruzione della propria identità sessuale particolarmente di fronte agli stereotipi della cultura dominante.

4) La capacità di leggere i media, il loro linguaggio, ma anche le loro distorsioni più eclatanti.

5) L’educazione alla convivenza civile, ai diritti umani, all’impegno politico, alla solidarietà alla pace tenendo conto delle ragioni profonde e originali di tale impegno.

6) L’educazione intellettuale e spirituale, l’attenzione alla preghiera e alla meditazione, l’apertura al mistero con una particolare attenzione al patrimonio di letteratura, di filosofia e di arte che una cultura cristianamente ispirata ha saputo creare.

Di fronte a temi di così grande spessore è emersa la necessità di valorizzare i soggetti e rafforzare le reti. Che vuol dire? Le associazioni, i movimenti, le associazioni professionali degli insegnanti e le varie forme di aggregazione dei genitori e delle famiglie sono chiamate a confrontarsi e a portare il loro contributo, in comunione con le parrocchie, i vicariati, gli uffici diocesani, gli istituti di scienze religiose e tutte le altre energie che la comunità ecclesiale può mobilitare in un determinato territorio. Questi soggetti per potere essere incisivi devono cominciare a lavorare in rete, devono cioè individuare alcuni specifici obiettivi comuni e dotarsi di strumenti adeguati a tali obiettivi.

Di qui nasce l’idea di costituire i cosiddetti «centri territoriali» che dovrebbero essere punti di riferimento sul territorio capaci di supportare i diversi soggetti che operano nell’ambito educativo rispondendo alle emergenze educative indicate sopra. Tali emergenze educative potrebbero tradursi in altrettanti progetti educativi da proporre alle scuole, alle parrocchie e alle stesse associazioni. Sarebbe bene che tali centri avesssero una dimensione vicariale che consente una maggiore agilità rispetto a strutture diocesane.

Tali centri, che potrebbero configurarsi come veri e propri centri culturali, potrebbero agire a più livelli:

– a livello di proposta culturale: dovrebbero essere centri accreditati sul territorio come interlocutori credibili, espressione esplicita della comunità ecclesiale, ma non dovrebbero coincidere materialmente con le sue strutture organizzative;

– a livello di struttura organizativa: dovrebbero avere un minimo di struttura, (una biblioteca, una banca dati, un ufficio) che i singoli soggetti difficilmente potrebbero avere;

– a livello di iniziativa progettuale: dovrebbero individuare alcune emergenze educative presenti sul territorio di cui farsi carico e su cui far sentire la presenza di una proposta educativa cristianamente ispirata.Mi pare che questa proposta, molto concreta, emersa nell’ultima seduta della Consulta nazionale di Pastorale scolastica debba essere presa in seria considerazione da tutti gli uffici diocesani competenti e rilanciata sul territorio.