Italia

Emmaus contro la tratta degli esseri umani

di Sara D’OrianoIl dramma del traffico di esseri umani sta diventando un fenomeno mondiale sempre più grave, che non può più essere affrontato isolatamente o per singoli gruppi. Non si può essere in alcun modo insensibili al disagio di bambini innocenti che chiedono solo di giocare in pace tra di loro».Con queste parole, l’Abbè Pierre, fondatore di Emmaus, ha presentato a Firenze la conferenza europea «Insieme contro la schiavitù contemporanea», promossa dalla sua associazione.

A tema, nelle tre giornate di lavori tenutesi presso l’Istituto degli Innocenti (che ha collaborato all’iniziativa), il dramma del traffico di esseri umani nel mondo, una piaga che anche in Europa sta crescendo a causa degli enormi problemi economici che investono i paesi dell’ex area sovietica. Lo scopo, quello di unire le forze per individuare un programma e attuare una metodologia che pongano fine alla schiavitù contemporanea.

Tra i relatori anche don Oreste Benzi, fondatore dell’associazione Papa Giovanni XXIII, Renzo Fior e Emir Nurkic, rispettivamente presidente e consigliere di Emmaus International. In sala, i rappresentanti di 25 associazioni nazionali ed internazionali che partecipano ai lavori di gruppo e molti rappresentanti istituzionali, in primo luogo del Consiglio sociale d’Europa, ma anche alcuni parlamentari europei ed esponenti dei vari governi.

Ogni singola associazione, nel proprio Paese, cerca di contrastare il traffico di esseri umani attraverso attività di repressione e di prevenzione: si va dagli incontri di strada con prostitute, barboni, tossici, minori fino a giungere alla presenza nelle zone di guerra attraverso l’assistenza agli orfani. «Con importanti risultati – ha spiegato Don Benzi –: 500 prostitute liberate dalla strada dal 1990 solo a Rimini, 150 protettori arrestati a riprova che si può fare e si può fare bene».

Ma non basta delimitare il problema al solo aiuto, né tantomeno si può pensare di agire singolarmente: da questo la necessità che le varie associazioni elaborino insieme, come scritto negli obiettivi del programma del convegno, «proposte e alternative per quanto attiene alla prevenzione, all’accoglienza e al reinserimento delle vittime».

Da qui la ricerca di quel «dialogo interattivo tra le persone che operano sul campo e le persone della politica e del potere» per usare al meglio quelle convenzioni e quei protocolli che già esistono ma che spesso vengono ignorati. Clamoroso il caso del «Protocollo di Palermo» del 2000, stipulato dalle Nazioni Unite ma mai ratificato da alcun Paese se non dalla Bosnia Erzegovina.

Nelle parole dell’Abbè Pierre ritorna l’esigenza di «risvegliare la forza del cuore che spinge ad aprirsi ai bisogni dei più deboli, per assumere la responsabilità di parlare ai governi e sensibilizzare l’opinione pubblica».Infine, la gridata (in senso letterale) provocazione di don Benzi: «Se creassimo fonti di lavoro nei paesi di provenienza di queste vittime, se gli assicurassimo una casa e l’indispensabile per vivere bene, tutta questa piaga non avrebbe senso di esistere! Il problema è che nessuno è disposto a ribaltare l’ordine economico mondiale che questa operazione comporterebbe! Denunciamolo senza mai dimenticare che il grido dei poveri sale a Dio!».

Nel corso del convegno, quattro laboratori paralleli hanno permesso alle varie associazioni di confrontarsi tra di loro e di elaborare una serie di proposte che sono poi sfociate in un documento presentato ai vertici governativi e politici presenti. La Regione Toscana, in particolare, si è impegnata a creare un Segretariato internazionale contro la tratta da realizzare a Firenze, in collaborazione con Emmaus international, l’Istituto degli Innocenti e le varie associazioni presenti. Mentre il documento conclusivo chiede ai governi più impegno e coinvolgimento, la creazione di nuove organizzazioni che si occupino del reinserimento delle vittime nel tessuto sociale di origine, il monitoraggio del traffico degli esseri umani e azioni concrete contro i trafficanti criminali.