Italia
Giornata del ringraziamento, come cambia l’agricoltura
Le politiche agricole europee hanno permesso anche all’Italia di supportare i redditi degli operatori con forme di sostegno dei mercati dei prodotti agricoli. Ma l’estensione di questi interventi ha finito per pesare troppo sul bilancio comunitario. Oggi la libera circolazione dei prodotti favorisce la diffusione di beni agricoli a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati nei nostri mercati. Ma la globalizzazione nel modello agricolo si è sbilanciata a favore dei prodotti generici e privi di qualità. L’agricoltura cambia: le aziende agricole non producono solo cibo, ma sono sempre più sentinelle dell’ambiente.
Eppure, di fronte a tante mutazioni si legge nel documento restano intatti molti valori tradizionali: la ricerca della qualità del cibo, l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica del lavoro. Sono solo alcune delle questioni aperte affidate dai vescovi italiani al mondo rurale. Questioni che faranno da sfondo alle testimonianze, al convegno, alla celebrazione eucaristica della giornata del ringraziamento (diretta tv su Rai 1 dalle ore 10.30) che sarà presieduta dal vescovo Antonio Buoncristiani.
Il territorio di Siena conosce molto bene le questioni etiche che suggerisce la vita di campagna. Le conosce perché molti dei suoi abitanti vivono del lavoro della terra. «Siena ricorda il direttore della Coldiretti Andrea Pazzi è capitale del vino (ha molti Docg e Doc) e dell’olio di qualità, ha produzioni abbondanti di latte di pecora e numerosi allevamenti di chianine. È dopo Trento la provincia con il più alto numero di agriturismi (se ne contano circa 900)».
Un territorio bellissimo: tre delle città senesi, Siena, San Gimignano e Pienza sono state dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’Umanità, e molte delle sue colline e delle sue valli sono mèta ambita di turisti di tutto il mondo. L’incontro con i turisti, l’accoglienza di immigrati per stagioni o per un’intera vita impegnati a lavorare nei campi, rivalutano la proverbiale ospitalità del mondo agricolo, di cui parla anche la nota pastorale. C’è poi la questione aperta dell’atteggiamento verso madre natura, che qui è generosa, «ma non è facile da utilizzare» ammette il dirigente Coldiretti.
«Dovremo sentirci obbligati e rispettarne sia le leggi biologiche che quelle morali commenta padre Renato Gaglianone, consigliere ecclesiastico nazionale della Coldiretti citando Giovanni Paolo II Se l’uomo perde il senso della vita e la sicurezza degli orientamenti morali smarrendosi nelle nebbie dell’indifferentismo, nessuna politica potrà essere efficace nel salvaguardare congiuntamente le ragioni della natura e quelle della società. L’uomo, infatti, che può costruire e distruggere, può rispettare e disprezzare, può condividere o rifiutare. Anche i grandi problemi posti dal settore agricolo, in cui voi siete direttamente impegnati, vanno affrontati non solo come problemi tecnici o politici, ma, in radice, come problemi morali».
Prima di loro monsignor Paolo Tarchi, direttore dell’ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e del lavoro presenterà la nota pastorale «Frutto della terra e del lavoro dell’uomo», mentre il monaco camaldolese di Fonte Avellana padre Salvatore Frigerio porterà l’esperienza del monachesimo su come custodire, coltivare e contemplare il giardino. Sabato pomeriggio, momento di preghiera all’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore.
Domenica, la concelebrazione eucaristica nel Duomo di Siena, cui seguirà il pranzo con le associazioni all’Enoteca Italiana.
Metà degli intervistati (46%) si dicono addirittura disposti a pagare di più di fronte ad un alimento di origine italiana. «Purtroppo, però commenta la presidente regionale di Coldiretti Alessandra Lucci ancora oggi metà della spesa è destinata all’acquisto di cibi anonimi, per i quali non è obbligatorio raccontarne la storia in etichetta». Sì che, anche quando i consumatori volessero sostenere le nostre imprese, non hanno gli strumenti per farlo. Coldiretti chiede, in particolare, una firma per difendere e valorizzare quattro prodottisimbolo dell’Italian Style agroalimentare: l’olio extravergine di oliva, il grano duro, il formaggio e il pomodoro.
L’olio extravergine di oliva: se ne produce in Toscana intorno ai 200mila quintali l’anno. La produzione brilla per l’alta qualità. «Attraverso le certificazioni di origine previste dalla normativa europea, si riesce a valorizzare circa un sesto della produzione regionale. Purtroppo osserva il direttore della Coldiretti di Firenze e Prato Raffaello Betti buona parte dell?olio toscano subisce la concorrenza di oli di cui il consumatore non conosce l’origine».
Il grano duro: nel 2005 lo si è coltivato in 112mila ettari (189mila nel 2004). In commercio sono pochissime le confezioni di pasta in cui viene riportata l’origine del grano duro che è stato utilizzato.
Il formaggio: da noi si producono prevalentemente formaggi a base di latte di pecora, mentre la produzione di latte bovino viene quasi completamente assorbita dalle centrali del latte per la produzione di latte fresco. Sono 3.200 gli allevamenti ovini in Toscana, 450.000 le pecore. Anche in questo caso la maggior parte della produzione casearia viene immessa in commercio senza una caratterizzazione di origine.
Il pomodoro: si coltiva in 3.500 ettari. Ogni anno vengono ceduti all’industria di trasformazione più di 250mila tonnellate, di cui la metà si dirige verso stabilimenti industriali con sede fuori dal territorio regionale. Si attende con trepidazione la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto salva pomodoro italiano.