Italia
Shalom, una giornata per non dimenticare il dramma della fame
È stata una giornata intensa quella dell’8 dicembre per lo Shalom, ricca di incontri e momenti di grande calore e vicinanza. Nessuno ha fatto caso al freddo e alla pioggia che imperversavano fuori, per tutti è stato un giorno di festa, di comunione in nome dei buoni ideali, coperto da un cielo solcato di palloncini colorati che hanno cancellato il grigio invernale per riportare un po’ d’azzurro con i loro messaggi di pace.
Dopo la messa delle 12 e l’arrivo del Senatore Andreotti, il Poggio Salamartano si è riempito di gente giunta da ogni dove per il Pranzo Sociale, per contribuire con sincero interesse ai progetti dello Shalom. Le tavole ricoperte di pasta, zuppa, torte salate, salumi, tartine, dolci e pasticcini, sono andate svuotandosi con una velocità da record, che non ha lasciato dubbi sulla riuscita dell’evento.
Alle 15 ha poi avuto inizio il dibattito centrale della manifestazione, sul tema della Fame, Guerra Invisibile. Ha introdotto il Sindaco Claudio Toni , che ha richiamato l’attenzione su un problema, quello appunto della malnutrizione, terribilmente attuale, considerato dai governi scomodo’ ma di fronte alla cui imponenza non si può che riconoscere la propria indiretta responsabilità nel favorire la sua crescita spropositata.
A seguire il professor Salvatore Vuoto dell’Università di Cagliari, che ha contribuito alla stesura della legge per istituire una Giornata in memoria delle vittime della fame e della sete. Il professore si è soffermato su tale legge spiegandone dettagliatamente i punti salienti, ma soprattutto l’importanza della costituzione di una Consulta a livello regionale che raccolga i rappresentanti di tutti gli enti locali, le istituzioni scolastiche e le organizzazioni sociali per la promozione di tale giornata.
A concludere l’incontro le sentite parole del Senatore Giulio Andreotti , che ha ricordato le vicende che lo hanno avvicinato alla Chiesa da ragazzo: la Lega Missionaria degli Studenti e le corse nei quartieri poveri di Roma, esperienze che lo hanno reso consapevole e sensibile al malessere che lo circondava e a quello che imperava nei paesi poveri.
In molti sono venuti ad ascoltare queste testimonianze, che hanno posto tutti con crudezza e determinazione di fronte a una realtà cui non si può sfuggire: testimonianze che fanno riflettere, che fanno paura, ma che soprattutto rendono consapevoli che il futuro del pianeta è nelle nostre mani e che cambiarlo è prima di tutto un nostro dovere.
Ad accoglierlo all’Auditorium di Parco Corsini c’erano don Andrea Cristiani insieme agli assessori comunali Lorenzo Calucci e Stefania Falchi, oltre a moltissimi docenti e studenti delle scuole superiori fucecchiesi che hanno raccolto l’invito al dialogo di Ciotti con grande entusiasmo e partecipazione.
La testimonianza del sacerdote è stata istruttiva ed estremamente attuale per i giovani presenti, che egli, quale fondatore dell’associazione di volontariato Gruppo Abele, vede come pubblico privilegiato a cui rivolgersi, perché principale fonte di rinnovamento e miglioramento della nostra società.
Tema centrale del dibattito la legalità: Ciotti ha infatti scelto come propria parrocchia la strada e come sua comunità gli emarginati, sostenendo soprattutto le molte vittime della tossicodipendenza e dell’AIDS; per questo da sempre si batte contro il traffico illegale della droga, contro gli interressi economici e politici che ruotano intorno a tale business, contro l’ignoranza che ancora si insinua tra i ragazzi su questo argomento.
La tossicodipendenza è un fenomeno ormai diffuso in ogni strato sociale, dalle classi medio-basse, dal momento che ormai procacciarsi pasticche o cocaina non costituisce più una spesa insostenibile, a quelle agiate e altolocate in cui drogarsi è l’ultima strada per sfuggire alla noia o per dimenticare che i soldi non sono sempre sufficienti ad acquistare la felicità.
Don Ciotti ha una voce dura e un piglio cinico mentre parla; non si preoccupa di puntare il dito su tutti coloro che dovrebbero garantire benessere e sicurezza alle fasce più fragili, ovvero quelle giovanili: prima di tutto la famiglia, sempre più assente e incapace di radicare nei figli dei valori forti che li sostengano in ogni difficoltà, e poi la società, per la quale il denaro sembra avere sempre più valore della vita umana.