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Iraq, un tocco di pace

Le lunghe file ai seggi elettorali, giovedì 15 dicembre, per eleggere il Parlamento sono un segno di speranza alla vigilia del Natale. In Iraq questa ricorrenza vede riproporsi un’antica tradizione: chi presiede la celebrazione natalizia benedice un presente usando un’immagine di Gesù Bambino posto su un cuscino rosso. A sua volta questo fedele è chiamato a benedire la persona che gli è vicino e così via fino a che tutta l’assemblea abbia ricevuto questo “touch of peace” (tocco di pace, ndr). “La pace è ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno”, dice al Sir mons. Shlemon Warduni, vescovo caldeo ausiliare di Baghdad. “Pace e speranza” un ritornello, che il vescovo non si stanca di ripetere.

Come vi state preparando a questo Natale? Rispetto agli anni scorsi c’è più ottimismo per una soluzione della crisi irachena?

“Come cristiani ci stiamo preparando a celebrare la venuta del Signore Gesù con spirito di gioia e di speranza. Come uomini, non dico che siamo disperati, perché la disperazione non è del cristiano, ma stanchi, siamo molto stanchi. Tutto il popolo iracheno è stanco del terrorismo, dei kamikaze, delle autobomba, dei rapimenti. Questa dei rapimenti è una piaga gravissima. Pochi giorni fa è stato rapito il titolare della impresa che sta costruendo per noi, nei pressi dell’antico monastero del monaco Abramo del VII secolo a Mossul, un lotto di 26 case e una scuola da destinare a dei villaggi cristiani della zona. Ora è tutto fermo e stiamo cercando di ottenere la sua liberazione. Nonostante tutto, non perdiamo la speranza”.

Ci sono programmi e iniziative particolari per il Natale?

“Certamente. Non mancheranno il presepe e gli addobbi tipici. Ma alla gioia esteriore, alle luci della festa non corrisponde la stessa gioia interiore. Ripeto la situazione è tragica. Ma nulla cambierà nel programma delle celebrazioni, dalla vigilia fino all’Epifania, che si terranno di mattina, per evitare problemi legati alla sicurezza. Nelle nostre omelie richiameremo i fedeli a non smarrire la speranza”.

E nelle famiglie?

“Si cercherà di fare festa anche all’interno delle famiglie. Si cucineranno piccoli dolci tradizionali che verranno distribuiti soprattutto ai bambini”.

Il Natale è la festa dei bambini. Come farlo capire anche ai piccoli iracheni?

“Quando osserviamo le immagini dei piccoli di altri Paesi e poi guardiamo ai nostri il nostro cuore piange sangue. È soprattutto a loro che si rivolge l’attenzione delle parrocchie. In tutte le chiese irachene sono promosse Messe speciali per i più piccoli, qui a Baghdad festeggeremo con gli alunni del catechismo alle ore 11 del 23 dicembre. Nelle chiese, poi, daremo anche spazio alla consegna dei doni da parte di Babbo Natale. Ma questo, dopo il 25 dicembre. Non si può non avere attenzione per i bambini, sono l’immagine di Gesù che nasce”.

Mai come in questi anni, e non solo in Iraq, Natale fa rima con pace. Benedetto XVI, nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace 2006 ha condannato il terrorismo e auspicato il disarmo anche nucleare. Cosa ne pensa?

“Il Papa ha detto di difendere la pace. Ogni uomo di buona volontà coopera per la pace, per il bene dell’uomo. Purtroppo le grandi nazioni operano contro l’uomo, costruiscono le armi che si ritorcono contro l’uomo stesso. Guardiamo l’Iraq: è un Paese ricchissimo, ma al tempo stesso poverissimo, che vive nella guerra da anni. Se si vuole il bene dell’umanità, non si devono costruire e vendere armi. Non si può costruire il proprio benessere a scapito degli altri. L’Iraq è un Paese ricchissimo in grado di far star bene tutto il Medio Oriente, ma i nostri bambini non possono permettersi nemmeno una cioccolata in questo Natale. Questa si chiama ingiustizia, questa è la falsità e la menzogna del mondo che il Papa ricordava nel suo messaggio. Preghiamo che la nascita di Gesù possa toccare il cuore dei grandi del mondo. La vera pace non è sfruttare ma sacrificarsi per gli altri”.a cura di Daniele Rocchi