Italia

Monticchiello, resta aperto lo scontro sulle nuove case

di Andrea FagioliIn uno scampolo d’estate, è «bastato» un articolo di giornale a scatenare il putiferio. Il caso sarebbe clamoroso se non fosse che il giornale è il secondo quotidiano d’Italia e l’autore dell’articolo risponde al nome di Alberto Asor Rosa. Per cui, il 24 agosto scorso, con il titolo «Il cemento assale la Val d’Orcia», in apertura del paginone culturale di Repubblica, ha preso il via una polemica che dalle mura medievali di Monticchiello è arrivata dritta dritta in Piazza della Colonna a Roma dentro le mura cinquecentesche di Palazzo Chigi coinvolgendo il vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli.

Diciamo subito, per dovere di cronaca e di critica, che il caso del nuovo insediamento di 95 appartamenti su una delle colline più fotografate del mondo non sarebbe uscito dalle beghe locali se Asor Rosa non avesse lì casa e podere. E addirittura non avesse una questioncella irrisolta con la gente del posto a proposito della chiusura di una strada vicinale che passa accanto alla sua terra.

A supporto della propria tesi, Asor Rosa ha parlato e scritto di un «ecomostro» tale che «al paragone, l’ecomostro di Punta Perotti presentava, rispetto alla città di Bari, cui era limitrofo, proporzioni più ragionevoli».

Rutelli ha inviato ad un incontro in Regione con l’assessore al territorio, Riccardo Conti, il direttore generale per i beni architettonici, Roberto Cecchi, incaricato con altri di studiare interventi per «correggere e mitigare» il progetto edilizio in Val d’Orcia. Ma dal fronte del Consiglio regionale, il presidente della Commissione territorio e ambiente, Erasmo D’Angelis, dopo un sopralluogo al cantiere, ha tuonato: «In Toscana mai più casi Monticchiello. Si tratta di un clamoroso errore, tanto più che soltanto otto appartamenti su ottantasei sono stati acquistati da persone della zona».

Di contro, il sindaco di Pienza, Marco Del Ciondolo, ha difeso l’idea di partenza «di un insediamento abitativo necessario per evitare che il borgo di Monticchiello si spopoli completamente», ma ha in qualche modo scaricato sulle passate amministrazioni la responsabilità del «modello di pianificazione anni ’80», anche se «a quei tempi – ha precisato – non ci si immaginava che un privato avesse un reale interesse a costruire in questa zona. Gli stessi monticchiellesi avevano accolto bene il progetto per rispondere ad esigenze di opportunità e spazio da dare ai giovani».

Pronta la replica dell’ex sindaco Vera Petreni, in carica dal 1980 al 1990, Ds, compagna di partito del suo successore: «L’enorme numero di appartamenti in costruzione a Monticchiello è frutto di decisioni recenti, mai illustrate e discusse pubblicamente».Quello che è certo al momento (ma mentre scriviamo deve ancora svolgersi un apposito Consiglio comunale aperto alla cittadinanza) è che i lavori stanno andando avanti nonostante il consiglio di Rutelli a sospenderli, che lo scontro politico sembra essere soprattutto interno ai Ds e che la gente del posto, pur non giudicando l’insediamento un vero e proprio «ecomostro», si lamenta per l’eccessive dimensioni e l’impatto sull’ambiente. Il paese del Teatro poveroMonticchiello è conosciuto nel mondo per la sua bellezza e soprattutto per la bellezza del paesaggio che lo circonda. Ma già da qualche anno, il paese è alla ribalta nazionale e internazionale per il «Teatro povero», esperienza teatrale unica capace ogni anno di mobilitare e coinvolgere un’intera comunità nella preparazione e nell’interpretazione di un’«autodramma» sulla piazza del piccolo borgo medioevale arroccato nell’alta Val d’Orcia in provincia di Siena e Comune di Pienza. La prima rappresentazione, «L’Eroina di Monticchiello», nell’ormai lontano 1967, si deve a don Marcello Del Balio; mentre la seconda, «Giovanni Colombini, il mercante pazzo», nel 1968, fu opera di don Vasco Neri, allora parroco del paese. Dopo di che, nel 1969, il «Teatro povero» cominciò a prendere la forma di autodramma con la rievocazione e la messa in scena della mancata strage da parte dei nazisti a Monticchiello, fino allo spettacolo della svolta, nel 1981, con la rappresentazione di un testo dedicato alla piazza, al luogo protagonista della vita comunitaria che, grazie al teatro, aveva ritrovato la sua vitalità, il suo peculiare significato di luogo di incontro della comunità: il simbolo del borgo, della sua vita sociale e della sua attività teatrale trasformandosi ogni anno in un sorprendente palcoscenico. Per la prima volta, tra l’altro, il testo non era più scritto da una singola persona (per molto tempo fu il giornalista e scrittore Mario Guidotti) ma dalla gente del paese, in piena autonomia, anche espressiva. E così accade ancora oggi, fino all’edizione 2006 del luglio-agosto scorsi, quella del quarantennale con un testo che giocava appunto sul periodo di riferimento della vicenda narrata e sulla ricorrenza: «Anniquarant’anni».

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