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Bambini del Congo, un progetto delle Caritas toscane

di Andrea BernardiniE’ il pomeriggio dell’11 novembre del 1961 quando nella cittadina congolese di Kindu vengono massacrati tredici aviatori provenienti dall’aereoporto militare di Pisa e coinvolti nella repressione della rivolta katanghese. Scesi dai C-119 della 46ª Brigata Aerea (dove avevano sistemato due autoblindo, viveri e medicinali per la popolazione) i nostri decidono di pranzare alla mensa dell’Onu ad un chilometro e mezzo dell’aeroporto. All’improvviso duecento soldati congolesi si gettano sugli aviatori al grido di «A morte le spie belghe»: li percuotono a sangue e li trascinano in strada dove altra folla si aggiunge inferocita. Nessuno sopravvive: lungo il tragitto che avrebbe dovuto condurli alla prigione, i militari italiani sono crivellati a colpi di mitra, e i corpi fatti a pezzi, distribuiti alla popolazione. Come confermerà l’inchiesta, il cannibalismo in Africa non è finito.

Siamo agli esordi della Repubblica del Congo, da poco affrancata dal Belgio e già in preda alla guerra civile. Il Katanga (oggi Shaba) è sconfitto dai Gurka nepalesi arruolati dall’Onu, ma una seconda guerriglia, quella dei lumumbisti «simba» devasta il Paese fino al 1965. Dopo il colpo di Stato del colonnello Desirée Mobutu, che destituisce Kasavubu, il Congo, ribattezzato Zaire, conosce un periodo di pace relativa.

Almeno fino alla fine degli anni Novanta: quando una nuova guerra civile piega il paese, in conseguenza alla tragedia ruandese. Mobutu muore quando il suo antagonista Desirée Kabila, si impadronisce del potere e Kabila, ex lumumbista, è ucciso dalla sua guardia del corpoL’ultima guerra è costata quasi quattro milioni di morti, di cui 750mila bambini. A Kindu, ad esempio, moltissimi ragazzi non hanno più il padre, le famiglie hanno cambiato casa diverse volte perché in fuga dal conflitto, le attività produttive sono state distrutte.

Durante la guerra, le forze ed i gruppi armati che si sono affrontati hanno incorporato nei loro ranghi migliaia di bambini: utilizzati come soldati a fianco degli adulti, hanno perpetrato o assistito a massacri, hanno violentato e torturato, incendiato e saccheggiato villaggi. È facile comprendere come questa esperienza li abbia fortemente traumatizzati.

Adesso è tornata la pace. Ci sono state anche le prime elezioni democratiche della storia del Congo.La Chiesa locale ed in particolare il vescovo Paul Mambe recentemente scomparso, hanno lavorato molto per arrivarvi. «Nel 2002 – racconta a Toscana Oggi Maurizio Marmo responsabile dell’ufficio “Africa” per la Caritas Italiana – il vescovo incontrò nella foresta i capi dei Mai Mai e convinse molti di loro ad abbandonare la lotta armata. I primi gruppi di ex combattenti furono ospitati nella procura diocesana. Oggi, nel nuovo esercito nazionale, i minori – fortunatamente – non hanno più spazio: così i ragazzi hanno fatto ritorno nelle loro famiglie. Alcuni hanno avuto la fortuna di essere inseriti in programmi di formazione professionale promossi da organizzazioni non governative, altri hanno ripreso la scuola: non raggiungono, però, buoni risultati, sono alunni problematici».

La Caritas diocesana di Kindu, il coordinamento diocesano delle scuole convenzionate cattoliche e la congregazione delle suore di Nostra Signora del Buon Consiglio hanno avviato un progetto per formare venti insegnanti specializzati, che saranno chiamati ad assistere 750 bambini e ragazzi ex combattenti del territorio, facendo loro superare il trauma della guerra vissuta in prima linea.

Le Caritas toscane hanno adottato il progetto di «recupero» dei bambini ex soldato della diocesi di Kindu. E chiamano le comunità parrocchiali a condividerlo raccogliendo fondi nel periodo di Avvento.

«Kindu – commenta il delegato regionale della Caritas don Emanuele Morelli – evoca l’eccidio dei nostri aviatori avvenuto 45 anni fa. Adottando questo progetto vorremmo costruire un ponte di pace verso questo territorio e ridare speranza e serenità a degli adolescenti che l’hanno persa».