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Primo marzo, una giornata di «Ponte con Betlemme»

di Simone PitossiBetlemme rischia di morire. L’appello è stato lanciato a più riprese. L’ultimo colpo inferto alla città è il «muro». Il pericolo? L’isolamento. Gli israeliani hanno iniziato la costruzione proprio tre anni fa, il 1º marzo 2004. E allora ecco, alcuni preti e laici che amano la Terra Santa hanno pensato di dedicare il prossimo giovedì 1º marzo ad una giornata di preghiera e riflessione in modo da gettare un ideale «Ponte con Betlemme», un legame di preghiera, amicizia e solidarietà.

I promotori dell’iniziativa sono il Centro Al-Liqa per il dialogo interreligioso, Pax Christi Italia, il Seminario diocesano di Gerusalemme, la Pattuglia Terra Santa Agesci Toscana, le Suore del Baby Hospital, l’associazione Habibi Terra Santa.

Tra i promotori anche il vescovo di Montepulciano, Chiusi, Pienza mons. Rodolfo Cetoloni, francescano con un forte legame con la Terra Santa. «Ci sono dei momenti di povertà e debolezza – scrive in un messaggio per lanciare la giornata – come quando proprio senti di confrontarti con qualcosa di troppo grande o di pesante e ingiusto. È l’impressione che ferisce ogni volta che mi è capitato di passare attraverso il muro che separa Betlemme da Gerusalemme e tanti altri luoghi da quelle che erano le terre, le case, i parenti e gli amici vicini. Come un grande vomere che ferisce la terra e resta lì, fermo, insuperabile… Ci sono delle suore e dei laici che ogni venerdì camminano sotto il muro, pregando, con la forza dei poveri che affidano a Dio il loro grido. La preghiera vuole coinvolgere altri e allora hanno proposto di dedicare il primo marzo alla preghiera per la pace e perché si crei una coscienza che rifiuti queste divisioni e porti a voler disgregare la paura e l’odio che hanno fatto nascere il muro, ma che anche vengono da esso fomentati».

Anche don Mario Cornioli, vice parroco della Collegiata di Montevarchi (diocesi di Fiesole), è stato più volte in Terra Santa per il gemellaggio che lega la parrocchia e la città a Betlemmme. E così è diventato referente di «Habibi», una delle associazione che promuove la giornata. «Siamo convinti – spiega – che difendere e sostenere i nostri fratelli cristiani in quella zona sia un modo valido per costruire la pace di cui tutti hanno bisogno. Noi non crediamo che si favorisca questo bene essenziale costruendo muri e barriere di divisione. Questi mezzi si rivelano capaci solo di generare ulteriore disperazione e violenze». Infatti, continua il sacerdote «sempre più cristiani di Terrasanta si sentono abbandonati e soli nell’affrontare condizioni di vita ogni giorno più tragiche».

L’occupazione militare e l’embargo hanno ormai ridotto alla fame la popolazione. L’ultimo appello è arrivato dalle Suore del Baby Hospital che nella loro Lettera di Natale 2006 (pubblicata dal nostro settimanale) hanno lanciato un «sos» di solidarietà per le condizioni drammatiche della città, a causa dell’occupazione e del muro che la chiude completamente. «La nostra è una supplica ai cristiani – sottolinea don Cornioli – affinché non li abbandonino e perché sentano più fortemente la comunione che tutti ci lega alla Terra Santa».

Così è nata l’idea di ricordare la data del 1º marzo 2004 quando «è stata posta la prima pietra, non di una nuova costruzione di cui gioire, ma di quel “vergognoso muro di distruzione” che ha fatto della città natale di Gesù una prigione a cielo aperto». E allora, ecco come potrebbe essere celebrata la giornata. «Si potrebbe pregare – spiega il sacerdote – secondo le intenzioni espresse nella traccia “Non di muri ha bisogno Betlemme” che, partendo da questa affermazione di Giovanni Paolo II, suggerisce piste di preghiera da poter utilizzare a seconda delle possibilità. E poi si potrebbe conoscere la realtà di Betlemme. Per questo le suore hanno preparato una “Lettera da Betlemme” e Pax Christi il dvd “Andiamo a Betlemme!” da utilizzare in piccoli gruppi o in incontri di preghiera o approfondimento da organizzare con giovani o adulti». Non solo. «I singoli e le comunità – conclude don Mario Cornioli – che vorranno approfittare dell’occasione per proporre anche una raccolta di denaro da destinare alle necessità del Baby Hospital lo potranno fare contattando direttamente le suore».

Questi i recapiti del Caritas Baby Hospital: sister.silvia@cbh-beth.org, tel. 00972/22758500. Per informazioni e suggerimenti per l’animazione con testimonianze di volontari italiani che hanno vissuto il dramma degli abitanti di Betlemme: nandyno@libero.it 347/3176588 referente Pax Christi; sandro@technet.it 349/7582859 referente Agesci Toscana; donmario.c@tiscali.it 339/8171243 referente Habibi Terra Santa.E le ragazze arabo-cristianenon trovano più maritoA Betlemme e nel resto dei territori occupati diminuiscono i cristiani, manca il lavoro e gli abitanti sono prigionieri del muro». Così il francescano padre Carlo Cecchitelli, Commissario generale e già Custode di Terra Santa, riferisce della situazione dei palestinesi ed in particolare dei cristiani che vivono in Israele e Palestina.«A causa dell’emigrazione dei giovani maschi – spiega padre Cecchitelli – a Betlemme le ragazze cristiane sono già il triplo dei ragazzi cristiani per cui vengono sempre più spesso chieste in moglie dai ragazzi musulmani, ma per sposarsi devono convertirsi all’Islam. Difficile anche la situazione dei cristiani che si trovano in Israele perché non hanno assolutamente gli stessi diritti degli israeliani». Padre Cecchitelli è intervenuto a Napoli a un incontro pormosso dalla Federazione dei settimanali cattolici, per approfondire appunto il tema della Terra Santa e presentare un progetto di collaborazione con il Patriarcato Latino di Gerusalemme.All’incontro, coordinato da don Doriano De Luca, vicedirettore del settimanale diocesano di Napoli «Nuova Stagione», è intervenuto anche il vicedirettore di «AnsaMed», Giulio Pecora, che ha tratteggiato l’attuale quadro politico circa il Medio Oriente «con gli Stati Uniti sordi perché concentrati solo sulla guerra in Iraq, con l’Iran minaccioso e con un’Europa pilatesca che consapevolmente se ne lava le mani. A ciò si aggiunga un governo israeliano attualmente in grande confusione e un governo palestinese in forte difficoltà. Mai come oggi il Mediterraneo è stato così chiuso e fonte di conflitto».

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