Italia
Cristiani perseguitati, l’idea di una «marcia»
Tutti in piazza, a Roma, sabato 30 giugno (la manifestazione è stata indetta poi per il 4 luglio, ndr), in difesa dei cristiani del Medio Oriente. L’appello arriva da Magdi Allam, 55 anni, giornalista e scrittore musulmano, di origine egiziana, che lo scorso 13 giugno, dalle colonne del «Corriere della Sera» (testo integrale dal sito del «Corriere»), del quale è vice-direttore, ha accusato l’Occidente di assistere «in modo pavidamente e irresponsabilmente inaccettabile alla persecuzione e all’esodo massiccio di centinaia di migliaia di cristiani che sono i veri autoctoni della regione». Allam ricorda infatti come «alla vigilia della conquista araba e islamica nel settimo secolo, i cristiani costituivano il 95% della popolazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo. Oggi, con 12 milioni di fedeli, sono precipitati a meno del 6% e si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora». «Si tratta prosegue Magdi Allam della prova più eloquente della tragedia umana e dell’imbarbarimento civile in cui è precipitato il mondo arabo-musulmano, in preda al fanatismo ideologico degli estremisti islamici e all’intolleranza religiosa delle dittature al potere».
L’Iraq è forse il caso più clamoroso. Chiese attaccate, sacerdoti rapiti o uccisi, come è successo pochi settimane fa con p. Raghed Ganni e suoi tre diaconi, massacrati all’uscita dalla messa domenicale a Mosul. Da circa un milione e mezzo che erano prima dell’inizio della guerra, adesso i cristiani non arrivano a 200-300 mila. Quelli che non sono fuggiti all’estero, si sono trasferiti in Kurdistan. Alle denunce del patriarca caldeo Delly III, ha fatto eco quella di Dinkha IV, patriarca della Chiesa assira dell’est che ha spiegato come a Mosul e Baghdad «i terroristi chiedono alle famiglie cristiane o di convertirsi all’islam o di pagare la tassa di protezione o di lasciare le proprie case abbandonando tutti i loro averi».
Altra grande tragedia è quella che si consuma nei territori palestinesi, dove nel 1948 i cristiani erano il 20% della popolazione, con punte dell’85% a Betlemme. Tre quarti sono stati costretti a fuggire, dalle guerre e dalla crisi economica, ma anche da episodi di violenza. Nella sola Gerusalemme si è passati dal 53% nel 1922, al 2% attuale. Così nel vicino Libano, dove i cristiani sono pur sempre un 27%, ma in continua diminuzione, o in Egitto dove i cristiani copti (oggi ridotti al 6%) hanno dovuto subire negli ultimi decenni le violenze dei «Fratelli musulmani». Stessa sorte per le comunità cristiane della Siria.
Ma un po’ in tutti i paesi islamici dal Pakistan all’Indonesia la situazione è grave. In particolare nel Sudan, dove è in atto un genocidio «che sono sempre parole di Allam ha provocato l’eccidio di circa un milione e mezzo di cristiani e animisti, colpevoli di non sottomettersi alla sharia, la legge coranica».
Ma l’elenco dei paesi dove i cristiani sono perseguitati è ben più ampio. Si va dalle ex-repubbliche sovietiche dell’Azerbajian e Turkmenistan, alla Cina postcomunista, dove i cattolici fedeli al Papa devono ancora nascondersi. In India poi, sono stretti tra i fanatici indu e quelli islamici. Nell’Andhra Pradesh il governatore, Rameshwar Thakur, ha emanato il 24 maggio un’ordinanza che proibisce la propagazione di altre religioni nei luoghi di culto e di preghiera di Tirumala. Durissimo il giudizio dell’arcivescovo di Mumbai e presidente dei vescovi indiani, mons. Oswald Gracias, di fronte ai tanti episodi di violenza contro i cristiani, che proiettano «all’esterno l’immagine di un India illiberale e fascista, che alla lunga distruggerà tutto quello che la sua popolazione ha creato».