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Arresto ex-Br: Piancone nega ma resta spettro terrorismo

Siena 4 ottobre 2007. Arresto convalidato per Cristoforo Piancone, 57 anni, ex membro della Direzione strategica delle Brigate rosse, irriducibile, un ‘duro’ per l’Ucigos che indaga, assieme alla squadra mobile di Siena, sul movente che ha portato l’ex brigatista, assieme ad un complice, a compiere una rapina al Monte dei Paschi di Siena. E’ questo il secondo atto concreto dopo che lunedì scorso, in pieno centro storico, due persone hanno assaltato la filiale del Monte dei Paschi, a pochi passi dalla sede centrale della banca senese. Sembrano non bastare, agli inquirenti, le parole di Piancone quando dice che la rapina l’ha fatta “per motivi personali” perche aveva bisogno di “rifarsi la protesi”. Parole che Piancone ha detto al pm Mario Formisano, durante un interrogatorio notturno, e al gip Bagnai durante l’udienza di convalida. Parole che non convincono e che portano l’Ucigos a definire l’ex br “reticente”. In giornata Piancone lascia il carcere santo Spirito di Siena con destinazione Biella, sezione irriducibili, dove sono detenuti altri ‘duri’ come Minguzzi e Di Lenardo. Con la formula ‘indagini a tutto campo’, gli inquirenti fanno capire che l’ipotesi di un autofinanziamento non è abbandonata. Anzi. E le modalità della rapina, assieme al curriculum di Piancone, le armi, le informazioni raccolte fanno pensare che questa sia la pista privilegiata.

LA RAPINA: l’ ultima volta che Piancone è stato a Siena è il 1971. Eppure l’ ex br e il suo complice si sono mossi benissimo. Sia per arrivare (Piancone non ha risposto a Formisano sul punto) sia per scappare, evitando la strada più semplice bloccata però da una festa di contrada. Piancone e complice conoscevano l’interno della banca: la dotazione di cassetti per ciascuna cassa e l’assenza di sistemi di sicurezza attivi e passivi. Conoscevano anche i turni delle guardie giurate che entrano spesso nella filiale. Sono entrati due minuti dopo l’uscita dei vigilantes.

LE ARMI: quattro pistole, tre semiautomatiche con i caricatori pieni e una vecchia Colt SW. Un armamento che presume la consapevolezza di un possibile conflitto a fuoco. Un particolare in più: una delle Beretta 9×21 era stata rubata a un vigile urbano di Piacenza. Quasi una ‘firma’, l’uso di una pistola rubata alle forze dell’ ordine, della galassia eversiva.

LA FUGA: Piancone e il complice lasciano il motorino rubato (un Beverly 200) acceso accanto alla porta d’ingresso della filiale, con le ruote rivolte nella direzione che consentirà loro di scappare verso il varco delle mura della città. Piancone è seduto dietro, la pistola ben visibile. Il motorino s’incastra in due colonnine spartitraffico: i due scappano a piedi, uno verso est, Piancone verso ovest. La polizia lo insegue, lui si volta, arma la semiautomatica e cerca di sparare agli agenti ma involontariamente inserisce la sicura. Un poliziotto lo placca. E’ finita. “Avrebbe sparato” dichiarerà poi il capo della squadra mobile di Siena Gianluigi Manganelli che di Piancone dice: “è rimasto calmo e tranquillo. Più tardi gli ho dato acqua e una merendina, mi ha ringraziato”. L’identità del complice (che mai si è tolto il casco nemmeno durante la fuga) e di un basista (sono stati controllati i curriculum anche dei dipendenti della banca) potrà dare una svolta definitiva alla natura di questa rapina. Ma per adesso “restano aperte tutte le ipotesi” dicono gli inquirenti che cercano collegamenti tra Piancone e gli ambienti eversivi vecchi e nuovi. (Chiara Carenini) (ANSA).

Esigenze mediche o banda armata?

Mettere insieme le tessere del puzzle per capire se, dietro alla rapina alla filiale del Monte dei Paschi di Siena di lunedì scorso, che poteva fruttare 177 mila euro, ci siano state davvero le “esigenze mediche” di Cristoforo Piancone, ex membro della Direzione strategica delle Br, oppure il ripetersi di cose già viste: di quando cioé la nascente organizzazione eversiva denominata Brigate rosse si associava alla criminalità comune per completare il piano di autofinanziamento. E’ la questione, ancora non perfettamente definita, che occupa squadra mobile di Siena da una parte, digos e Ucigos dall’ altra.

Sono ore di superlavoro, quelle che stanno passando gli inquirenti: mentre Cristoforo Piancone si trova nella sezione irriducibili del carcere di Biella, mobile e Ucigos lavorano sugli elementi disponibili: impronte digitali, pistole, tempi, materiali sequestrati. Se è vero che l’ ipotesi che questa sia stata una normale rapina resta al vaglio degli inquirenti, è vero anche che la tattica usata da Piancone, la strategia che sta alle spalle dell’ azione, le armi usate, la reazione dell’ ex br al momento dell’ arresto e il comportamento del complice durante l’ irruzione in banca portano in una sola direzione. E su questa le digos della Toscana, a partire da quella di Siena e l’Ucigos stanno lavorando. L’identità del complice di Piancone è, probabilmente, già conosciuta: la digos sta riguardando i video delle telecamere a circuito chiuso delle banche rapinate in Toscana dove è stato utilizzato quel Beverly 200 nella disponibilità di Piancone e complice. Ma non è ancora perfettamente conosciuto l’humus che ha portato alla rapina. Su questo gli inquirenti, che seguono la regola del silenzio, stanno lavorando tentando di comporre un puzzle – come negli anni ’70 – che portera’ a completare l’ immagine di vecchi fantasmi.

Molto diranno le prove balistiche sulle pistole, e in particolar modo sulla Beretta 9 corto usata da Piancone prima per tenere d’ occhio la porta della banca, poi per tentare di sparare alla polizia. E molto hanno detto e diranno le impronte digitali. Ma quello che è più importante adesso è ricostruire il movente. Per non ritrovarsi a negare l’ evidenza, così come é stato negli anni ’70. (ANSA).