Italia

Europa, la fiducia da ritrovare

di Simone Pitossi

«La gente in questo momento non ha fiducia nell’Europa: per questo dobbiamo dare nuovi stimoli al progetto europeo e l’Unione deve fare un salto di qualità». Parola di Paolo Bartolozzi, da poco europarlamentare di Forza Italia. Nel giugno di quest’anno – a seguito dell’uscita di Antonio Tajani dal gruppo parlamentare europeo per assumere l’incarico di Commissario per i Trasporti – Bartolozzi ha lasciato il Consiglio regionale della Toscana ed è tornato a ricoprire la carica di deputato come primo dei non eletti nella circoscrizione dell’Italia Centrale. Ma per l’esponente azzurro si tratta di un ritorno. Infatti era già stato all’europarlamento dal 2001 al 2004. Il lavoro da fare è tanto e il tempo stringe. L’anno prossimo ci saranno di nuovo le elezioni europee.

Bartolozzi, quali saranno le sue priorità?

«Ci sono due questioni aperte in Europa. Negli anni ’50 e ’60, quando è stata fondata, doveva rispondere all’esigenze della pace e della sicurezza. Negli anni ’70 doveva rispondere all’esigenza dello sviluppo ed è nato il mercato unico. Negli anni ’80 e ’90 l’obiettivo era acquistare un ruolo più pregnante sul versante economico e politico. Il risultato? Sul versante economico l’obiettivo è stato centrato con l’Euro e il sistema monetario unico. Sul versante politico c’è un momento di “impasse”: la Costituzione non è stata approvata e neanche il trattato di Lisbona, che è una versione ridotta, è passato. L’Europa quindi non riesce a rispondere all’esigenza fondamentale che emerge dai cittadini: governare gli eventi della globalizzazione».

Che cosa è necessario fare?

«Dobbiamo lavorare per un’Europa con una forte “governance” politica. Questo dovrebbe portare sul livello interno ad una parziale “deregulation” del sistema europeo soprattutto a livello burocratico per ritrovare una maggiore elasticità. Mentre nel livello esterno si dovrebbe cercare di ottenere una serie di regole valide per tutti che incidano sul mercato mondiale. Dobbiamo fare in modo che in quei paesi che oggi vivono un fortissimo sviluppo industriale questa espansione vada di pari passo con lo sviluppo dei diritti sociali e civili. Il capitalismo non può essere liberismo senza regole: deve avere anche un volto umano. E l’Europa deve ritrovare la sua identità nelle radici cristiane e nei valori occidentali. Solo ritrovando se stessa l’Europa può essere protagonista della costruzione di un nuovo equilibrio mondiale di cui c’è grande bisogno. Soprattutto in un momento nel quale i vecchi equilibri sono saltati».

Lei fa parte della Commissione per i problemi economici e monetari. Un tema di grande attualità…

«Seguire i problemi economici e finanziari è centrale. L’aumento dei costi per gli approvvigionamenti energetici e l’esigenza di una regolamentazione del mercato mondiale pone nuovi problemi. Al momento nella classifica dei primi 13 paesi del mondo per la crescita del Pil non c’è neanche un paese europeo. Se il trend verrà confermato c’è il rischio che nel 2020 non ci sarà una rappresentanza europea tra i primi 7 paesi più industrializzati del mondo. Mentre ci saranno sicuramente Cina, Messico, Corea del Sud, India. Il problema che si pone è quello che sottolineavo in precedenza: quando nel mondo occidentale cresceva lo sviluppo economico, aumentavano anche le garanzie sociali per i lavoratori. Così non è per questi paesi emergenti: allo sviluppo industriale non corrisponde una crescita dei diritti sociali e civili».

Come si muoverà da parlamentare italiano?

«Porterò avanti gli interessi dell’Italia in linea con la strategia politica annunciata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi tesa a riportare il nostro paese a svolgere un ruolo di primo piano nelle politiche dell’Unione».

E per la Toscana cosa cercherà di fare?

«Lavorerò per fare in modo che l’Europa riconosca a Firenze un ruolo centrale dal punto di vista culturale. Magari istituzionalizzando delle iniziative annuali che colleghino fortemente Firenze e quindi la Toscana all’Europa. In questo modo ci sarebbe un riconoscimento del valore di Firenze e nello stesso tempo verrebbe valorizzato anche il patrimonio culturale e turistico della nostra regione. Soprattutto adesso, con la presidenza francese, l’Europa non si regge più sull’asse franco-tedesco che guardava in particolar modo ad est: nell’Unione c’è molto più interesse per il Mediterraneo. È il momento di aprire un dibattito e un confronto serio sia dal punto di vista economico e politico ma anche e soprattutto sul fronte culturale e religioso. E l’Italia è un ponte naturale per favorire questo dibattito. In questo senso la nostra regione, seguendo l’insegnamento di La Pira, può essere davvero protagonista sul fronte del dialogo».