Italia

Abruzzo, gli impegni della Caritas per il dopo-emergenza

A un mese dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo la fase di emergenza può dirsi conclusa ma il lavoro di ricostruzione che attende la Protezione Civile e i tanti soggetti, istituzionali e non, presenti a L’Aquila e nei Comuni colpiti dal sisma è destinato a durare per anni. Un percorso di rinascita in cui la Caritas italiana è intenzionata a giocare un ruolo da protagonista con un’attenzione particolare alla dimensione sociale e spirituale delle comunità. “La fase iniziale dell’emergenza – afferma mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana – vede tutti intenti a rincorrere i bisogni della popolazione in termini di assistenza umanitaria ma anche di salvaguardia delle comunità sociali ed ecclesiali con la realizzazione di strutture per celebrare le messe e per ritrovarsi. Questa seconda fase è, invece, più difficile da interpretare perché al momento non sappiamo quante saranno le persone che rientreranno nelle proprie case e nemmeno dove si collocheranno gli oltre 20 mila sfollati negli alberghi sulla costa. Così come non è ancora chiaro dove sorgeranno i villaggi con le casette di legno e quanti saranno gli abitanti in ogni zona. Questo, per ora, non ci permette di definire in maniera precisa gli interventi per rispondere alle reali esigenze”. Il territorio interessato dal sisma è stato diviso dalla Caritas in nove aree omogenee affidate alle delegazioni regionali che avranno il compito di accompagnare queste comunità per i prossimi anni.

Su cosa vi state concentrando in questa fase “transitoria”?

“In questo momento è in atto il dispiegamento delle delegazioni Caritas delle varie Regioni ecclesiastiche. Alcune come le delegazioni Umbria, Triveneto, Lombardia e Lazio sono già presenti sul territorio dove stanno intensificando gli incontri con i parroci e con le comunità locali. Un percorso graduale di conoscenza in cui prestare attenzione a quelle che possono essere le difficoltà su cui è necessario intervenire subito. Un parroco che aveva avviato un cammino con i giovani della sua parrocchia, ad esempio, ci ha detto che dal giorno del sisma ha difficoltà ad incontrarli perché questi ragazzi sono sparpagliati in differenti tendopoli. Dare a questo parroco un luogo in cui poter riunire nuovamente questi giovani per la catechesi, per messa e per alcuni momenti di festa e socialità diventa fondamentale. Questo è un piccolo esempio dei tanti bisogni che emergono vivendo al fianco delle comunità. Una fase in cui è importante muoversi su due fronti: gli sfollati che stanno nelle tendopoli senza dimenticare quelle persone che sono rimaste nelle loro case o vi rientreranno ma che non hanno più luoghi di incontro e servizi di ascolto”.

Oltre a questo lavoro di conoscenza e condivisione, avete anche avviato la costruzione di alcune strutture. A cosa serviranno?

“Stiamo definendo la collocazione di alcune strutture prefabbricate. La prima pensata per dare una sede operativa alla Caritas diocesana e al Centro di coordinamento della rete Caritas. Qui gli operatori locali potranno riprendere subito alcuni servizi importanti come il Centro di ascolto e lo Sportello immigrati. I lavori sono già partiti e dovrebbero concludersi entro la fine di maggio. La seconda struttura servirà, invece, come alloggio per gli operatori, molti dei quali sono anch’essi sfollati. Queste sono strutture essenziali per favorire la nostra presenza sul lungo periodo”.

Sono molti i movimenti e le associazioni cattoliche presenti. Quale ruolo può giocare nel medio e lungo periodo Caritas italiana?

“Noi siamo diventati punto di riferimento e di coordinamento per le varie realtà che fanno riferimento alla Cei. Credo che ognuno debba agire secondo le proprie specificità ma all’interno di un coordinamento che pensiamo – data la nostra presenza sul territorio e il nostro ruolo – di poter favorire. Saranno le Caritas regionali a dover invitare le varie realtà della loro Regione a non disperdere gli aiuti sul territorio ma a concentrarsi nella zona affidata proprio a quella delegazione così da rendere più efficaci e omogenei gli interventi. Le delegazioni regionali assumeranno così un ruolo di regia nei vari territori. È chiaro che ogni realtà sarà chiamata a concentrarsi sui propri ambiti di competenza ma all’interno di un progetto unitario di Chiesa. Un percorso che vedrà coinvolte tutte le diocesi italiane”.

Concretamente quali saranno gli ambiti in cui Caritas italiana concentrerà il suo intervento?

“Per noi è importante rafforzare il ruolo di ascolto, osservazione e accompagnamento delle realtà parrocchiali. Lavoriamo sempre pensando al domani quando le varie comunità dovranno tornare a camminare da sole. Contemporaneamente vogliamo assumere compiti legati alla ricostruzione e alla progettazione sociale”.

In che senso?

“Iniziamo ad intravedere due grossi ambiti di intervento in ambito ecclesiale: da un lato l’edilizia scolastica, come già sperimentato dopo i terremoti di Umbria e Molise, e dall’altro l’edilizia residenziale per disabili, anziani e famiglie in condizioni economiche disagiate. Interventi che saranno sempre condivisi con le comunità parrocchiali perché finita l’emergenza possano rimanere come patrimonio di risposta ai bisogni delle comunità”.

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