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Egitto, l’ira di un popolo

“Difficile dire quale sviluppo potrebbe avere la situazione. Stiamo assistendo ad una vera e propria crisi, una semirivoluzione che ha portato al ribaltamento del Governo, obiettivo primario del popolo, sceso in piazza non solo nella Capitale ma anche nelle altre città, peraltro fronteggiato con violenza dalla polizia egiziana controllata dal Governo. Al momento non si vede più polizia in giro, al suo posto c’è l’esercito”. Mostra prudenza padre Luciano Verdoscia, missionario comboniano da oltre 16 anni in Egitto, islamologo del Dipartimento di islamistica all’Istituto pontificio di studi arabo-islamici del Cairo, davanti ai fatti egiziani di questi giorni che potrebbero segnare, come più analisti affermano, la fine dell’era Mubarak, il Faraone. Arroccatosi davanti ad imponenti manifestazioni di piazza, che hanno pure lasciato a terra decine di vittime, il presidente Hosni Mubarak ha tentato la carta del rinnovamento, cambiando il governo affidato alla guida di Ahmad Shafiq e nominando primo vicepresidente il capo dell’intelligence militare, il generale Omar Suleiman.

“Ma non basta – dice al SIR il missionario – la gente vuole che Mubarak vada via. Il problema della popolazione non è solo il Governo ma anche e principalmente il trentennale regime del presidente”. E lo dimostra con l’occupazione di piazza Tahrir, al Cairo, sfidando il coprifuoco e organizzando uno sciopero generale a tempo indeterminato e un enorme corteo per domani, 1° febbraio. L’apertura al dialogo con l’opposizione da parte del presidente Mubarak è arrivata, come detto dai Fratelli Musulmani, la maggiore forza d’opposizione in Egitto, ‘troppo tardi: vogliamo solo dialogare con l’esercito, l’unico di cui si fida il popolo, per arrivare ad un accordo sulla transizione al potere in modo pacifico’. La richiesta delle opposizioni suona ormai come un mantra, ‘governo di transizione’ da negoziare con Mohamed El Baradei, già Nobel per la pace 2005 ed ex capo dell’Agenzia dell’Onu per l’energia nucleare”.

Padre Verdoscia, qual è l’importanza di una figura come quella di El Baradei?

“L’auspicio è che El Baradei possa prendere provvisoriamente il potere per guidare l’Egitto ad una vera apertura democratica evitando così il rischio di passaggio verso un sistema più rigido come potrebbe accadere se il potere andasse, invece, nelle mani del fondamentalismo islamico”.

Cosa dire della posizione di Obama, che ha auspicato una “transizione ordinata per un governo che risponda alle attese degli egiziani”?

“La posizione Usa sulla crisi è di prendere in considerazione i malumori del popolo che non possono essere tacitati con la violenza. Il processo deve essere democratico, vada dove vada, anche se il timore è che possa imporsi democraticamente un governo fondamentalista. La libertà non è solo la scelta di un giorno ma è quella di dare dignità ad ogni persona che gode di diritti fondamentali inalienabili. In tema di libertà, purtroppo tra Occidente e Medio Oriente si parlano due lingue diverse”.

Lo spettro dell’Islam politico torna ad agitarsi…

“Dagli incontri con i manifestanti che ho visto scendendo in strada e in piazza, mi sembra che tutti mirino ad un governo che dia reale libertà all’individuo. La prudenza è d’obbligo perché quando si tratta di definire il concetto di libertà allora la musica potrebbe cambiare”.

Con lo sciopero generale e relativo corteo domani potrebbe essere il giorno della spallata definitiva a Mubarak?

“Il clima è ancora acceso e lo sciopero generale di domani che, secondo le opposizioni, dovrebbe portare nelle piazze egiziane milioni di persone, potrebbe certo dare una spallata decisiva a Mubarak. Non sottovaluterei l’influenza delle preghiere del venerdì islamico. Dopo la preghiera le manifestazioni riprendono vigore”.

Cosa farà l’esercito del quale Mubarak ha sempre cercato di coltivare la fedeltà attraverso privilegi anche economici?

“Vedremo se si limiterà a controllare pacificamente le proteste o se interverrà. Se dovesse scattare qualche scintilla non sappiamo cosa potrà succedere. Il controllo della città, ormai, passa anche per i Comitati di quartiere che si sono organizzati per la protezione delle case e delle proprietà. Si respira un certo ordine ma siamo sempre in un momento critico. Inoltre non dobbiamo dimenticare il fattore economico. Ci sarà distribuzione di cibo, acqua, erogazione di energia elettrica, oppure avremo una crisi anche in questi settori? Sono domande che dovranno avere delle risposte chiare”.

C’è qualcosa che l’ha particolarmente colpita in queste manifestazioni di massa?

“La popolazione ha manifestato senza distinzione di etnia, religione. Non sono state toccate chiese e moschee. Questo depone a favore del popolo egiziano che è un grande popolo. Spero soltanto che possa uscire quanto prima da questa crisi e che si cominci a lavorare per costruire un futuro importante a partire dalla scuola e dalla formazione. Le scuole in questi anni sono state un disastro”.