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PROCREAZIONE ASSISTITA, CORTE DI STRASBURGO: NO A DIVIETO DIAGNOSI PREIMPIANTO

(Sir Europa – Strasburgo) – Il divieto imposto a una coppia portatrice di una malattia genetica di ricorrere alla diagnosi preimpianto nel quadro della fecondazione in vitro sarebbe contraria al rispetto della vita privata e familiare: questo il contenuto di una sentenza «non definitiva» della Corte europea dei diritti dell’uomo, che oggi si è pronunciata sul caso «Costa e Pavan contro lo Stato italiano». Un collegio di sette giudici, presieduto dal belga François Tulkens, si è espresso su un caso sollevato dai coniugi italiani Rosetta Costa e Walter Pavan, che, portatori sani di fibrosi cistica, vorrebbero avere un figlio affidandosi alla fecondazione artificiale: effettuando una analisi preimpianto, Costa e Pavan vorrebbero selezionare gli embrioni per evitare la nascita di un figlio affetto da questa malattia genetica. Tale pratica non è però consentita dalla legislazione italiana (legge n. 40), che vieta la selezione degli embrioni e comunque la limita alle coppie dichiarate sterili.

Nella sentenza odierna (caso Costa e Pavan contro Italia, richiesta numero 54270/10), i giudici di Strasburgo avrebbero dunque «rilevato l’incoerenza del sistema legislativo italiano» in quanto «da una parte priva i ricorrenti alla diagnosi genetica preimpianto» mentre permette di accedere alla interruzione di gravidanza per motivi terapeutici. Nella sentenza (che indica così una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) si riscontra d’altro canto una distorta interpretazione sulla applicabilità della legge sull’interruzione della gravidanza (legge n. 194). Secondo i giudici, lo Stato italiano dovrà versare alla coppia 15mila euro per «danno morale» e 2.500 euro per rimborso delle spese processuali. La stessa sentenza non è però definitiva, come specifica la stessa Corte: è infatti possibile ricorrere entro tre mesi dal pronunciamento odierno, per portare il caso davanti alla Grande Chambre della Corte di Strasburgo. I documenti relativi alla sentenza e al procedimento che l’ha preceduta (durante il quale hanno espresso pareri scritti diversi soggetti terzi, fra cui il Movimento per la vita), sono disponibili nel sito della Corte, www.echr.coe.int. (Fonte: Sir)