(ASCA) – È «importante» che riforme «necessarie» già «impostate» in Italia «siano ora completate con il massimo dell’equità e del consenso possibile» e per questo «stupisce l’incertezza dei partiti che, dopo una fase di intelligente comprensione delle difficoltà in cui versava il Paese, ma anche delle loro dirette responsabilità, paiono a momenti volersi come ritrarre»: lo ha detto il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, aprendo oggi pomeriggio i lavori dell’Assemblea Generale dei vescovi (testo integrale prolusione), aggiungendo che “non ci sarebbe di peggio che lasciare incompiuta un’azione costata realmente molti sacrifici agli italiani. Per questo non ci può essere ora alcun processo involutivo: bisogna operare alacremente affinché i sacrifici affrontati possano ritornare il prima possibile a beneficio in particolare dei più deboli, dei disoccupati, degli inoccupati. E si possa dispiegare quella strategia pubblica di superamento della povertà, delle pesanti disuguaglianze e della vulnerabilità, che – accanto alla fittissima rete ecclesiale di solidarietà – possa rispondere a bisogni vecchi e nuovi”. “Vorremmo davvero che i partiti, strumenti indispensabili alla gestione della polis, profittassero di questa stagione ha proseguito il Cardinale – per produrre mutamenti strutturali, visibili e rapidi, nel loro costume politico e nella stessa offerta politica. È la gente che aspetta di vedere dei segni concreti, immediati ed efficaci”. “Il cittadino – ha aggiunto – vuole ricuperare nonostante tutto la piena fiducia nella politica e nei partiti. Le astensioni dalle urne, le schede bianche, le schede nulle sono un messaggio chiaro da prendere sul serio. Ma perché lo scoramento e la disaffezione non prevalgano, occorre che la politica si rigeneri nel segno della sobrietà e della capacità di visione. Nessuno si illuda che il Paese tolleri facilmente di ritornare alla condizione quo ante. Si deve piuttosto scommettere sull’intelligenza dei cittadini, ormai disincantati e stanchi”. Per il presidente dei vescovi, “i recenti risultati elettorali, poi, non possono incentivare involuzioni del quadro della responsabilità politica, né demagogie e furbizie, grossolane o sottili che siano. Riconoscendo le persone oneste e perbene che – indubbiamente – ci sono e operano con impegno nel quadrante politico, non si può tacere però di quanti, lasciandosi andare a pratiche corruttive, a ragione vengono oggi ritenuti alla stregua di ‘traditori della politica’. Il latrocinio, in questo caso, riveste una duplice gravità: in sé e per il furto di ideali che esso rappresenta”. “La politica – ha concluso – è, invece, arte nobile e necessaria per servire la giustizia di un Paese, mentre ogni corruzione – in qualunque ambiente si consumi – è un tradimento del bene comune”.