Nel 2050 gli stranieri in Italia saranno 12,4 milioni oltre il 16% della popolazione. E nel 2065 arriveranno al 20% della popolazione. Sono alcuni degli scenari futuri prefigurati dal volume 1951-2011. Le migrazioni in Italia tra passato e futuro, redatto in occasione dei 60 anni dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) dal Centro studi e ricerche Idos, che cura anche il Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Il volume, presentato oggi a Roma alla Radio Vaticana, è redatto in italiano e in inglese e ripercorre la storia migratoria Italia, dagli anni della grande emigrazione italiana all’arrivo e alla stabilizzazione degli immigrati nel nostro Paese. Negli anni ’50, ad esempio, circa 300.000 italiani emigravano ogni anno. Oggi, sessant’anni dopo, circa 300.000 immigrati vengono ogni anno in Italia. Nel 2011 hanno raggiunto la cifra di 5 milioni, con una stima di mezzo milione di irregolari, in maggioranza overstayer, cioè persone che entrano con regolare visto e rimangono in Italia quando è scaduto. Questo significa, ribadisce il volume, che risulterà inefficace il controllo delle coste marittime, come anche quelle aeree e terrestri, se non si incentiveranno i percorsi regolari dell’immigrazione. E qui non è discussione la necessità di regole, bensì la loro funzionalità.Nonostante il grosso contributo degli immigrati al sistema previdenziale italiano, gli stranieri lavoratori in Italia rischiano di percepire pensioni molte basse, con un alto rischio di cadere nell’emarginazione, conferma al SIR Franco Pittau, coordinatore del Centro studi Idos. Gli immigrati che rimarranno in Italia precisa Pittau , a causa dei bassi stipendi attuali e del lavoro nero, avranno delle pensioni molto basse. Dopo aver lavorato per anni cercando di assicurarsi una vita dignitosa e contribuendo alle pensioni degli italiani, rischiano di andare incontro a condizioni molto difficili, se non alla povertà, a causa della ridotta entità delle loro pensioni, senza che la rete di solidarietà familiare possa assicurare un sostegno adeguato, essendo anche i loro figli in condizioni non soddisfacenti. Anche perché, prosegue, hanno spesso una carriera lavorativa discontinua e il lavoro sommerso li penalizza in termini pensionistici per il mancato versamento dei contributi, oltre ad essere causa di grave precarietà e di illegalità diffusa.Da uno studio sul 2008 emerge che il reddito medio percepito dagli immigrati è stato pari a 12.639 euro annuali (1.053 al mese), circa il 33% in meno rispetto al reddito medio degli italiani. Pittau ritiene molto verosimile il rischio che gli immigrati di prima generazione, dopo aver svolto un ruolo estremamente positivo per il nostro Paese e i rispettivi Paesi di origine con l’invio delle rimesse, al momento del pensionamento possano andare incontro a processi di emarginazione all’interno della nostra società. Secondo dati tratti dal Dossier Caritas/Migrantes 2010 l’importanza dell’apporto degli immigrati al sistema previdenziale italiano è avvalorata dai bilanci dell’Inps e riconosciuta da molti esperti di diversa estrazione o collocazione politica. Dopo decenni di passivo, dall’inizio degli anni 2000 il bilancio dell’Inps è costantemente attivo, con un avanzo a consuntivo di due miliardi nel 2005 e stabilizzandosi nel 2007 e 2008 con un avanzo di circa 6,9 miliardi in ciascuno dei due anni. Uno dei principali fattori di questo andamento è proprio il contributo dei lavoratori immigrati. Sulla base delle quattro banche dati Inps e dei relativi redditi lordi secondo il Dossier 2010 – si può stimare che i contributi previdenziali versati dai lavoratori stranieri e dai loro datori di lavoro siano passati da circa 2,5 miliardi all’inizio del decennio a circa 6,5 miliardi nel 2008, circa il 4% del totale. (Sir)