Di momenti decisivi ed appassionanti vissuti in Tunisia dal 14 gennaio in poi, di sfida dei profughi e incomprensibile inospitalità europea ha parlato questa mattina a Venezia mons. MarounElias Nimeh Lahham, arcivescovo di Tunisi, intervenendo alla prima giornata dell’incontro della Fondazione internazionale Oasis, dedicato a Nord Africa e Medio Oriente (fino al 22 giugno). La Tunisia ha affermato – non si era ancora ripresa dal suo tsunami politico e sociale quando la vicina Libia precipitava in una rivolta armata che nessuno aveva previsto. Tra le 250mila e le 300mila persone, di tutte le nazionalità, hanno attraversato la frontiera libico-tunisina. Abbiamo assistito a scene grandiose di solidarietà e accoglienza, ha detto rammentando anche l’impegno della Chiesa. Tutto questo mentre alcune migliaia di tunisini arrivavano a Lampedusa. Di qui la provocazione dell’arcivescovo: Provo a ragionare come farebbe un tunisino: 20mila tunisini sono arrivati in un’Europa forse in crisi, ma comunque ricca, e vengono accolti con fastidio mentre più di 200mila stranieri sono arrivati in una Tunisia non ricca quanto l’Europa, e soprattutto appena uscita da una grave crisi politica, e i tunisini li hanno ricevuti a braccia aperte, hanno offerto case e scuole, e hanno diviso con loro il pane quotidiano. Visto dalla sponda meridionale del Mediterraneo tutto ciò è incomprensibile semplicemente. Rievocando la rivoluzione, mons. Lahham ha sottolineato il modo civile con cui i giovani tunisini hanno strappato concessioni ai governanti ed ottenuto la partenza del dittatore. Ora la gioventù ha coscienza che può manifestare ma sa anche, dopo cinque mesi, che non ha la capacità di governare. Per questo deve avere la saggezza di accordarsi’ con un governo di transizione aspettando le elezioni dell’assemblea costituente. La Chiesa, pur non facendo parte del tessuto sociale, ha seguito gli avvenimenti molto da vicino. Coscienti che la sfida della democrazia non è banale, in diocesi ha annunciato il presule – stiamo preparando una lettera pastorale sul senso della nostra presenza e testimonianza nel Paese e nella società. Una sorta di lettura teologica degli avvenimenti che hanno scosso la Tunisia perché pensiamo che non si possa più vivere come prima del 14 gennaio. In particolare, secondo mons. Lahham, meritano attenzione le richieste dei giovani: libertà, dignità, giustizia, scelta personale, trasparenza. Qui siamo al centro dei valori cristiani ed evangelici per la costruzione di un mondo giusto ed equo. In Tunisia ha concluso – nulla è stato ancora deciso. I prossimi mesi potranno darci maggiore chiarezza, ma ciò che è avvenuto costituisce un inizio, non la fine, perché da qui il movimento si è esteso in Egitto, Libia, Yemen, Siria, Bahrein.Sir