Italia

IMMIGRAZIONE: FORTI (CARITAS), TRAGEDIE EVITABILI CON CANALI UMANITARI

“Bisognerebbe aprire dei canali umanitari per far arrivare in sicurezza le persone, così eviteremmo queste tragedie. Non si può aspettare che si organizzino per conto proprio, affidandosi ai trafficanti, per poi vederli morire in mare solo perché non c’è stato il coraggio e la volontà di farlo”: lo dice oggi al SIR Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana, a proposito del barcone affondato nel Canale di Sicilia, con centinaia di morti. “Purtroppo si stanno verificando dinamiche vissute già nel 2008 – osserva Forti -. Questa tragedia apre la grande questione su come gestire, in un momento di grande crisi umanitaria in Libia, migliaia di persone che da anni aspettano di arrivare in Europa perché perseguitati, quindi richiedenti asilo. Esistono strumenti internazionali come i canali umanitari, che consentono di redistribuire i profughi in Europa, tramite procedure già codificate. Se questo non verrà fatto dovremo aspettarci in futuro altre situazioni di questo tipo. Ricordiamo che le persone in fuga dalla Libia sono profughi dal Corno d’Africa, bisognose di una protezione garantita dalla Convenzione di Ginevra”. A proposito dell’accordo con la Tunisia, in base al quale verranno concessi 20.000 permessi temporanei ai tunisini già in Italia (mentre i nuovi arrivati saranno rimpatriati), Forti è convinto che “si doveva fare prima”. “Già durante la riunione del 14 febbraio con il ministro dell’interno – precisa Forti – avevamo segnalato come prima necessità il riconoscimento dello status di protezione umanitaria temporanea. Purtroppo non se ne fece nulla e questa è stata, secondo noi, una delle principali cause che ha determinato quanto poi accaduto a Lampedusa. Il fatto che oggi si riprenda con forza questa ipotesi non può che vederci favorevoli: il rammarico è che non sia stato fatto prima”. La soluzione dei rimpatri nasce perciò “in una situazione già degenerata”: “Se ci fosse stato, fin dall’inizio, il coraggio di riconoscere lo status di protezione temporanea, forse non saremmo dovuti arrivare ad un accordo con la Tunisia basato solo su una discriminante temporale: chi è arrivato prima è più fortunato, chi è arrivato dopo più sfortunato. Si è creato un sistema un po’ diabolico: non si è riusciti a dare per tempo uno status a queste persone, poi, nel momento in cui è stato fatto, c’è la necessità di non farlo diventare uno strumento con un ‘effetto richiamo’ per tutti quelli che vogliono venire in Italia. Se fossimo intervenuti prima tutto ciò poteva essere evitato”. L’accordo con Tunisi, a suo avviso, “non basterà a dissuadere le partenze. Dovremo affrontare ancora altri sbarchi, in condizioni ancora più rischiose”.Intanto a Lampedusa e nel resto d’Italia tutti i “luoghi sensibili” sono presidiati da Caritas in varie forme e modi. “Siamo presenti a Lampedusa – ricorda -, dove c’è da risolvere la situazione dei minori nell’ex base Loran. Stiamo parlando con Save the children per trasferirli o in centri di transito o in comunità di accoglienza. Ma ci sono enormi difficoltà. Siamo anche nelle tendopoli in altre regioni, per monitorare la situazione e fare orientamento. Dei 2500 posti che abbiamo messo a disposizione solo pochi sono stati occupati, in Toscana. Tre diocesi – Firenze, Pistoia, Arezzo – si sono attivate per l’accoglienza di alcuni tunisini, con fondi propri”. In altre zone, prosegue, “stiamo ragionando a livello regionale e ministeriale per capire che tipo di accoglienza si può attivare, con difficoltà legate allo status giuridico delle persone, alla copertura economica, ai tempi di accoglienza”. In questo senso, dice, “aspettiamo indicazione dal ministero. Si tratta di piccole accoglienze diffuse, funzionali ai bisogni dei richiedenti asilo provenienti dalla Libia”.Sir