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BENEDETTO XVI: MESSAGGIO AL PRESIDENTE NAPOLITANO PER 150 ANNI DELL’UNITÀ D’ITALIA

Una “felice occasione per riflettere sulla storia di questo amato Paese, la cui Capitale è Roma, città in cui la divina Provvidenza ha posto la Sede del Successore dell’Apostolo Pietro”. Si apre così il messaggio d’augurio inviato da Benedetto XVI al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in occasione del 150° anniversario dell’unificazione politica dell’Italia. Il messaggio (testo integrale) è stato consegnato questa mattina dal card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano. Il Santo Padre ricorda come “il Cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italiana attraverso l’opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modelli di comportamento, configurazioni istituzionali, rapporti sociali; ma anche mediante una ricchissima attività artistica: la letteratura, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica”. Inoltre, “anche le esperienze di santità, che numerose hanno costellato la storia dell’Italia, contribuirono fortemente a costruire tale identità, non solo sotto lo specifico profilo di una peculiare realizzazione del messaggio evangelico, che ha marcato nel tempo l’esperienza religiosa e la spiritualità degli italiani” ma “pure sotto il profilo culturale e persino politico”. “L’apporto della Chiesa e dei credenti al processo di formazione e di consolidamento dell’identità nazionale continua nell’età moderna e contemporanea”, prosegue il Papa, tanto che “l’unità d’Italia, realizzatasi nella seconda metà dell’Ottocento, ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo”. Nel messaggio, il Pontefice sottolinea che “per ragioni storiche, culturali e politiche complesse, il Risorgimento è passato come un moto contrario alla Chiesa, al Cattolicesimo, talora anche alla religione in generale”. Tuttavia, “senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune marcate da venature giurisdizionaliste o laiciste, non si può sottacere l’apporto di pensiero – e talora di azione – dei cattolici alla formazione dello Stato unitario”. “Se fu il processo di unificazione politico-istituzionale a produrre quel conflitto tra Stato e Chiesa che è passato alla storia col nome di ‘Questione Romana’ – osserva Benedetto XVI -, suscitando di conseguenza l’aspettativa di una formale ‘Conciliazione’, nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale”.Per il Santo Padre, “l’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica”. “L’apporto fondamentale dei cattolici italiani alla elaborazione della Costituzione repubblicana del 1947 è ben noto. Se il testo costituzionale fu il positivo frutto di un incontro e di una collaborazione tra diverse tradizioni di pensiero – prosegue il Pontefice -, non c’è alcun dubbio che solo i costituenti cattolici si presentarono allo storico appuntamento con un preciso progetto sulla legge fondamentale del nuovo Stato italiano”. “Negli anni dolorosi ed oscuri del terrorismo, poi, i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare, tra le varie figure, quelle dell’On. Aldo Moro e del Prof. Vittorio Bachelet?” si domanda il Papa. D’altra parte la Chiesa, “grazie anche alla larga libertà assicuratale dal Concordato lateranense del 1929, ha continuato, con le proprie istituzioni ed attività, a fornire un fattivo contributo al bene comune, intervenendo in particolare a sostegno delle persone più emarginate e sofferenti – aggiunte Benedetto XVI -, e soprattutto proseguendo ad alimentare il corpo sociale di quei valori morali che sono essenziali per la vita di una società democratica, giusta, ordinata”. Una “nuova fase dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia” è stata poi quella segnata dalla conclusione dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense, firmato il 18 febbraio 1984. “L’Accordo, che ha contribuito largamente alla delineazione di quella sana laicità che denota lo Stato italiano ed il suo ordinamento giuridico – precisa il Papa -, ha evidenziato i due principi supremi che sono chiamati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione”. Inoltre, prosegue il Santo Padre, “l’esperienza maturata negli anni di vigenza delle nuove disposizioni pattizie ha visto, ancora una volta, la Chiesa ed i cattolici impegnati in vario modo a favore di quella ‘promozione dell’uomo e del bene del Paese’” nel “rispetto della reciproca indipendenza e sovranità”. “Passate le turbolenze causate dalla ‘questione romana’, giunti all’auspicata Conciliazione – aggiunge il Pontefice -, anche lo Stato Italiano ha offerto e continua ad offrire una collaborazione preziosa, di cui la Santa Sede fruisce e di cui è consapevolmente grata”. Infine, l’invocazione di Benedetto XVI “sul popolo italiano” per “l’abbondanza dei doni celesti, affinché sia sempre guidato dalla luce della fede, sorgente di speranza e di perseverante impegno per la libertà, la giustizia e la pace”.Sir