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FORUM SOCIALE MONDIALE, CARITAS: LA RESPONSABILITÀ PUÒ CAMBIARE IL MONDO

(Dall’inviata SIR a Dakar) La “responsabilità indiretta”, è un nuovo principio per cambiare il mondo attraverso forme alternative di partecipazione nella finanza, nell’economia, nella politica, nell’informazione. Un principio che si basa sulla consapevolezza delle interdipendenze di tutti i fenomeni e che invita ad agire operando delle scelte orientate al bene comune. E’ il tema che ha fatto da sfondo ad una partecipata tavola rotonda organizzata oggi a Dakar da Caritas italiana, nell’ambito del Forum sociale mondiale (6-11 febbraio). Il principio della “responsabilità diretta” è stato spiegato, a livello generale, da Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’Ufficio Africa di Caritas italiana: “Ogni nostro comportamento a livello personale, sociale, economico e politico ha conseguenze dirette e indirette su tutta l’umanità. Siamo tutti responsabili di tutti”. Quindi “la carità verso il prossimo vicino e lontano, di questa e delle future generazioni si esercita attraverso la responsabilità: direttamente, ad esempio facendo volontariato o indirettamente, investendo i nostri soldi o facendo delle scelte in maniera consapevole”. Il tema è stato declinato sul piano politico, della comunicazione e della finanza. A livello politico Joseph Alimamy Turay, direttore della Commissione giustizia e pace della diocesi di Makeni, ha ricordato che la guerra in Sierra Leone (durata 9 anni, fino al 2001), è “stata causata da una mancanza di responsabilità, da una politica senza etica”: “Spesso, anche come Chiesa, non ci rendiamo conto delle ripercussioni sulle future generazioni”. Il principio della “responsabilità indiretta” è stato declinato nel campo dell’informazione da Patrizia Caiffa, giornalista del Sir, che ha sottolineato le responsabilità di chi fruisce dei media e di chi ci lavora, con uno sguardo particolare alla scarsa qualità e carenza di notizie sul Sud del mondo e alle grandi opportunità offerte invece da internet. A questo proposito Alberto Bobbio, caporedattore di Famiglia Cristiana, si è chiesto perché tante guerre nel mondo siano dimenticate. A suo avviso “i cittadini del mondo ricco non vogliono comprendere i meccanismi che portano alle guerre, preferiscono il quieto vivere, altrimenti questo comporterebbe una assunzione di responsabilità. Chiudiamo gli occhi perché, tutto sommato, ci va bene così”.Un focus specifico è stato dedicato allo strumento del microcredito, con esperienze dalla Repubblica democratica del Congo, dal Mozambico, dal Senegal. In Congo, ad esempio, quindici anni di guerra hanno portato gravi conseguenze, tra cui ”una inflazione vertiginosa, le crisi economiche – ha raccontato Celestin Tuyisenge, della diocesi di Goma -. La microfinanza ha supplito alla mancanza delle banche e dello Stato. Ora esistono nel Paese 230 strutture di microcredito, che hanno raggiunto 477.693 beneficiari nel 2009 e concesso crediti pari a 52,2 milioni di dollari. In Mozambico, invece, un progetto della Caritas diocesana di Maputo privilegia le vedove e le madri sole. Finora ne hanno beneficiato 5200 persone, il 90% donne. “I beneficiari sanno che se non restituiranno il denaro altri poveri non avranno accesso al credito – ha detto p.Alberto Vera Aréjula, direttore della Caritas di Mapupo -. Questo è il loro modo di esercitare la responsabilità indiretta”. Lamine Mamadou Gueye, direttore di Caurie-microfinance, che opera in Senegal, ha sottolineato l’importanza di “capire bene i bisogni dei poveri e verificare l’impatto della nostra azione”.Sir