(ASCA) – Dal reclutamento ai contratti di ricerca, per arrivare alla stretta contro la cosiddetta parentopoli all’interno dell’università (su proposta dell’Idv): dopo mesi di polemiche, ricerca di fondi e proteste al di fuori dei palazzi, l’aula del Senato ha dato il via libera al ddl Gelmini che diventa così legge. Il provvedimento non ha avuto vita facile e non solo per le polemiche e le vivacissime proteste degli studenti, ricercatori, dottorandi che, in ogni passaggio cruciale in aula, hanno fatto sentire tutto il loro dissenso dalle piazze; ma anche per l’iter parlamentare e politico che lo ha accompagnato. Doveva approdare in Senato in terza lettura il 9 dicembre, ma il voto di fiducia al Governo ne ha posticipato l’arrivo di oltre dieci giorni. Dieci giorni da sommare a un percorso durato due anni. Sono del 2008, infatti, le linee guida del governo che hanno ispirato la riforma. Il 29 luglio scorso l’aula del Senato approva il testo che approda alla Camera ad ottobre. Le proteste accompagnano passo passo l’iter parlamentare e vengono rese ancora più aspre dai tagli previsti nella finanziaria che condizionano molti dei punti del provvedimento. Da quando il ddl arriva alla Camera studenti, ricercatori e dottorandi non si sono risparmiati arrivando anche ad occupare i monumenti simbolo di mezza Italia. Non solo. In occasione del voto di fiducia al Governo, mossi dal dissenso contro la riforma, in migliaia hanno sfilato nel centro di Roma in una giornata che ha sconvolto la Capitale paralizzandola. Tante le polemiche sorte dopo gli scontri con la polizia. Polemiche che, inevitabilmente, sono arrivate in aula del Senato, mosse da alcune proposte di politici della maggiornaza come l’istituzione per i manifestanti di una sorta di daspo (il divieto di accedere alle manifestazioni sportive) e di provvedere ad arresti preventivi nei confronti di coloro che sono ritenuti violenti. Infine, cronaca degli ultimi giorni, un incidente sempre in aula del Senato ha rallentato l’approvazione del ddl. Martedì sera, durante la discussione del ddl, Rosi Mauro, nelle vesti di vicepresidente vicario della Lega, ha dato per approvati erroneamente quattro emendamenti del Pd. Alla fine la Giunta per il Regolamento ha deciso a maggioranza di far rivotare gli emendamenti. Emendamenti numerosissimi sia alla Camera che al Senato: a Montecitorio sono stati 400 mentre a Palazzo Madama 850. Dai politici a chi poi con questa riforma dovrà fare i conti tutti i giorni, o quasi. Se da un lato alcuni rettori (non tutti, per protesta, in occasione del voto alla Camera, quello di Firenze invitò i docenti a sospendere le lezioni) insieme a Confindustria appoggiano il testo, per sindacati, studenti e ricercatori si tratta di un massacro al sistema universitario che non prevede risorse a sufficienza e non aiuta i ricercatori nel loro percorso accademico.