(Reggio Calabria) La vera rivoluzione che ci dobbiamo aspettare è spirituale, per liberare tutte le energie positive e propositive che vengono dal Vangelo: lo ha detto questo pomeriggio a Reggio Calabria Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, nel confronto a più voci dal titolo Un paese solidale. Storie, racconti, esperienze, immagini. Martinez ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II quando affermò che non c’è soluzione alcuna alla questione sociale al di fuori del Vangelo, e ha aggiunto: È possibile immaginare il pensiero cristiano come il più potente agente di trasformazione sociale, sottolineando che la speranza va coltivata e va anche strutturata. Essa trova nell’amore il più efficace vincolo sociale e nella fede il più dinamico agente ci trasformazione. Martinez ha poi sottolineato che la comunità cristiana con le sue pedagogie e i suoi talenti ricorda che a ciascuno è dato un carisma. Oggi è tempo che spendiamo queste risorse. L’imprenditore cattolico si distingue dagli altri imprenditori dal suo essere coerente tra ciò che dice e ciò che fa, ha detto Paolo Bedoni, presidente della Società Cattolica di Assicurazione. La coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo ha detto Bedoni è il valore aggiunto per costruire il futuro di un’azienda. Bedoni ha sottolineato che l’obiettivo dell’imprenditore cattolico è quello di seminare valori per raccogliere certezze, spiegando che la Cattolica è un’azienda con 4.000 dipendenti molto radicata sul territorio, con una spiccata specializzazione nelle differenti esigenze assicurative, con agenti pronti ad ascoltare e preparati per risolvere. Una cooperativa ha detto fatta prima di tutto da persone al servizio della persona. L’impegno è quello di dare lavoro, nonostante la crisi economica, partendo dalla formazione.L’Italia si salva dal declino e dal’imbarbarimento nel quale sta precipitando, anche con la responsabilità di classi dirigenti rissose e aggressive, con la forza attrattiva e la bellezza della comunità cristiana. Parola di Mario Marazziti, della Comunità di Sant’Egidio, ai delegati della 46ª Settimana sociale. Portando la testimonianza dell’attività della Sant’Egidio, Marazziti ha spiegato: Il Sud, le donne, i bambini, sono una chance per migliorare l’Italia. Ecco, noi sogniamo di far rinascere la speranza e farla rinascere dal Sud, che è bellissimo. Contro la mafia, noi dobbiamo inventare una solidarietà più forte, bella, capace di attrarre. Noi aiutiamo gli ultimi in diverse parti del mondo. Ecco, dobbiamo e possiamo sperare nella forza educatrice, nella capacità di attrarre e di affascinare di una comunità cristiana che si fa padre, madre, sorella e fratello di chi ha più bisogno.Un’esperienza significativa che si colloca nel profondo Sud. A raccontarla oggi alla sessione pomeridiana della 46ª Settimana Sociale è stato don Vincenzo Sorce, presidente dell’Associazione Casa Famiglia Rosetta, nata a Caltanissetta trent’anni fa. Guardandoci attorno, sollecitati dai bisogni del territorio ha raccontato don Sorce abbiamo iniziato questa avventura imprevedibile con un’attenzione al mondo dei disabili e poi successivamente alle dipendenze patologiche e gradualmente si è costituita questa rete di amore intelligente. Un’esperienza che piano piano si è allargata coniugando tre dimensioni: una dimensione spirituale, una dimensione culturale, intelligente e creativa e una dimensione politica attraverso lo sviluppo di servizi sociali. Dalla Sicilia questa iniziativa è giunta all’America Latina, ai Paesi dell’Est europeo e all’Africa: l’amore quando è coniugato con i bisogni dell’uomo si allarga al Sud geografico e al Sud dei popoli. E questa, ha concluso don Sorce, è un po’ la nostra esperienza fino ad arrivare a diventare un’agenzia di consulenza per i problemi sociali dell’Onu. Siamo entrati nei circuiti internazionali non come strategia di potere ma come servizio all’uomo nei processi della globalizzazione.L’etica della vita e l’etica sociale sono strettamente legate, anche perché la vita è un problema sociale. Per Maria Luisa Di Pietro, docente di bioetica all’Università Cattolica, è questo il punto di partenza dell’agenda di questa 46ª edizione della Settimana Sociale. La vita è il primo bene che abbiamo in comune, e in quanto umana, il primo bene è la dignità umana. Non sempre, però, s’intende la dignità allo stesso modo: di qui la necessità di creare un vocabolario minimo per intenderci, stabilendo, prima di tutto, se la dignità è un attributo, o se è qualcosa di sostanziale, perché appartiene alla persona umana. È questa la posizione cattolica, che nel momento in cui viene assunta dovrebbe portare ad un cambiamento di prospettiva. Noi cattolici sostiene Di Pietro non dobbiamo più parlare solo il linguaggio dei diritti, ma il linguaggio dei doveri, in base al dovere sociale che abbiamo nei confronti degli altri. Il linguaggio giuridico spiega la bioeticista porta a confondere i diritti umani con i diritti civili, e fa sì che degli esseri umani, come gli embrioni, vengano esclusi dal diritto di cittadinanza. Una società che vuole rispettare veramente il bene che abbiamo in comune, nella realizzazione del bene comune, deve parlare di diritti ma nella prospettiva del dovere di chi può farsi carico dei diritti di chi non ha voce. (Sir)