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MEETING UE-LEADER RELIGIOSI, CARD. ERDÖ (CCEE): COMBATTERE LA POVERTÀ, NON I POVERI

“Dobbiamo combattere la povertà, non i poveri”: lo ha affermato oggi il cardinale Péter Erdö, presidente del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee ed arcivescovo di Esztergom-Budapest, intervenendo, a Bruxelles, insieme alla Comece (Commissione degli episcopati dell’Ue), al sesto Meeting annuale dei leader religiosi in Europa con i presidenti delle istituzioni europee, ospitato da José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. Quest’anno il tema dell’incontro è legato alla celebrazione dell’Anno europeo della lotta alla povertà in Europa. “La distinzione va presa sul serio – ha spiegato il card. Erdö -, il problema della povertà può essere effettivamente affrontato solo se comprendiamo la questione antropologica che c’è dietro”. Ad esempio, “ci si può accostare alla povertà così come facevano gli esperti di diritto romano nel Medioevo: essi credevano che i poveri erano coloro le cui proprietà non raggiungevano la somma di 50 ducati. In altre parole: chi oggi non possiede più di 5000 euro. Chiaramente, questo è un approccio molto formale alla povertà, fortemente legato alla nozione di proprietà privata”. Eppure, ha precisato il presidente del Ccee, “i bisogni fondamentali della vita umana non possono essere espressi in termini di diritti di proprietà”. “La qualità della vita – ha affermato il card. Erdö – è piuttosto caratterizzata da altri fattori, quali il cibo appropriato, la casa, il vestiario, l’acqua potabile, l’aria pulita, un ambiente non dannoso per la salute”. “Gli esseri umani – ha continuato – hanno bisogno di relazioni sociali, contatti con altre persone e di essere accettati in una comunità di affetti”. Non è un caso, ha fatto notare, che alcuni grandi santi dediti ad opere di carità “non hanno enfatizzato la quantità di cibo o il valore della donazione, o quanti senzatetto e malati hanno aiutato, quanto piuttosto il fatto che hanno amato i poveri”. Da una parte, ha detto il card. Erdö, “i servizi sociali in molti Paesi hanno difficoltà a svolgere i loro compiti”; dall’altra “la loro esistenza è la prova del fatto che le società europee vogliono prendersi cura dei più bisognosi”. Eppure, ha sottolineato, tutto ciò “non può rimpiazzare l’espressione della cura e dell’amore personale, anche se funziona bene. Sempre di più le persone bisognose appartengono alla nostra comunità e alla nostra famiglia”. Questo è il motivo, ha concluso il presidente del Ccee, per cui la Chiesa si impegna in ambito sociale “non solo in forma istituzionale ma anche tramite la costruzione di relazioni personali ed educazione”.Sir