Una pronuncia molto importante che sembrerebbe sbaragliare la tesi del diritto al matrimonio a prescindere dall’identità di genere. Così Giuseppe Dalla Torre, costituzionalista e rettore della Lumsa, commenta al SIR la sentenza con cui la Corte costituzionale ha rigettato i ricorsi sui matrimoni gay presentati dal tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento per chiedere l’illegittimità di una serie di articoli del codice civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. Fermo restando che bisognerà ovviamente leggere le motivazioni della sentenza afferma il giurista -, mi sembra molto importante la dichiarazione della Corte di infondatezza delle eccezioni di incostituzionalità della normativa vigente rispetto agli artt. 3 e 29 della Costituzione; il 3 che riguarda il principio di uguaglianza e il 29 che riguarda la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Posto che per la Costituzione italiana la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio spiega Dalla Torre -, la definizione società naturale’ implica che lo Stato non ne può modificare la struttura fondamentale che è nella natura stessa dell’uomo.Per quanto riguarda il matrimonio, che si distingue dalle altre formazioni sociali per la diversità di sesso dei contraenti e questo è un dato culturale e antropologico che non può essere smentito è evidente ribadisce il giurista – che non si può invocare il principio di uguaglianza per difendere gli omosessuali da una presunta ma inesistente discriminazione. Chiunque chiarisce ha libero accesso al matrimonio, fermo restando, tuttavia, che esso è un rapporto fra un uomo e una donna. Non si tratta dunque di escludere i gay dal matrimonio, ma di riaffermare che la diversità di genere è un prerequisito per poter accedere a questo istituto, un prerequisito radicato nella natura dell’uomo e che ha una ragione fondamentale, anche se non ne è l’unica, nella funzione procreativa tipica del matrimonio stesso. Questi tentativi di forzature giuridiche dimostrano, secondo Dalla Torre, la tendenza molto forte nel sentire contemporaneo a pensare i desideri in termini di diritti, ma è evidente che questo significa concepire la realtà come una pluralità di individui-isole l’uno rispetto all’altro, in cui ognuno cerca soltanto di affermare se stesso, e non come una realtà di individui inseriti in una pluralità di relazioni e formazioni sociali, al cui interno la dimensione del diritto individuale è dimensionata e modellata rispetto al diritto degli altri.La regolamentazione dei matrimoni gay compete allora alla discrezionalità del legislatore? Non spetta a nessuno – è la risposta di Dalla Torre -: stando alla nostra Costituzione il legislatore non può legittimare una modifica dell’istituto del matrimonio. Questo è il punto forte. Il legislatore può eventualmente stabilire modalità per regolare relazioni che non sono di tipo matrimoniale ma di altro genere tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso -, che nulla hanno comunque a vedere con la famiglia e non riguardano l’unione in quanto tale, e dunque escludono la prefigurazione di una sorta di parafamiglia. In questo caso, conclude il rettore della Lumsa, il legislatore può pensare, entro certi limiti, a forme di tutela dei diritti del singolo individuo che si trova in un determinato contesto di fatto.Sir