Nel post-Copenaghen possa prendere corpo a tutti i livelli e tradursi in adeguate politiche locali quella conversione ecologica’ di cui ci parla papa Benedetto XVI. È questa la prima attesa dopo la Conferenza Onu sul clima (Copenaghen, 7-18 dicembre) dell’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, mons. Celestino Migliore, che ha guidato la delegazione della Santa Sede al vertice Onu. In un’intervista al SIR (on line su Agenzia Sir), mons. Migliore fa un bilancio della Conferenza delle Nazioni Unite. Mi pare afferma si debba parlare della classica montagna che partorisce il topolino. Montagne di risorse umane e logistiche, di tempo, riunioni, dibattiti e negoziati per un così magro risultato: un impegno politico a continuare il negoziato su alcuni parametri di riduzione delle emissioni di gas serra; la promessa degli Stati Uniti di mettere da parte, insieme con altri Paesi, la somma di 100 miliardi di dollari per aiutare i Paesi in via di sviluppo; un paio di accordi di principio, ma non ancora chiaramente adottati, sulla desertificazione, sulla deforestazione e sulla biodiversità. L’augurio dell’arcivescovo è che la Conferenza sia servita a dare impulso alla responsabilità dei governanti e amministratori e alla sensibilità di tutte le fasce della società civile per la questione. Questo è un risultato che si può quantificare solo nel tempo. I cambiamenti climatici afferma mons. Migliore, spiegando la difficoltà nel trovare un accordo globale sono un fenomeno reale, che si fa sentire con impatto devastante e inquieta laddove l’innalzamento dei mari, la violenza distruttrice delle piogge, la siccità, l’eccessivo caldo o freddo provocano disastri e panico. Un fenomeno che, pertanto, richiede misure urgenti e adeguate di mitigazione e di adattamento. L’esitazione o la riluttanza a prendere decisioni hanno a che fare con una molteplicità di ragioni. Anzitutto, prosegue l’arcivescovo, è un dato di base che una buona terapia può essere assunta con tempestività solo in presenza di una diagnosi certa. In questo caso, il politicamente corretto’ ha messo e mantiene sui lavori della scienza e della tecnica una pressione tale da sollevare perplessità, e talora cinismo o indifferenza. Inoltre, ancora una volta si è resa evidente la disfunzionalità dei meccanismi di decisione della comunità internazionale. Un’occasione in più per portarci, senza perdere altro tempo, a rivedere il formato delle Conferenze internazionali. In questo contesto, conclude mons. Migliore, è emersa anche chiaramente la voce e la forza contrattuale dei Paesi emergenti. Non si tratta solo di quanto qualcuno ha già siglato come il G2 Stai Uniti e Cina , ma occorre prendere atto di una nuova configurazione dei rapporti sulla scena internazionale.Sir