Lo sviluppo dell’Africa in partenariato con Cina ed Europa – è un elemento fondamentale per la crescita economica di tutto il mondo: è il concetto, ribadito oggi a più voci, durante la conferenza stampa conclusiva del seminario promosso ieri e oggi a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, dal Ministero affari esteri, dall’Istituto di studi dell’Asia occidentale e dell’Africa e dall’Accademia delle scienze sociali di Cina sul tema: Europa, Cina e Africa: nuove vie per lo sviluppo internazionale, con esponenti del mondo della politica, dell’economia e della cultura. Un evento organizzato per capire meglio quali passi fare insieme sui temi dello sviluppo, della pace, delle migrazioni, ha spiegato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. Boureima Badini, già ministro della giustizia in Burkina Faso e ora rappresentante dei mediatori nella crisi in Costa d’Avorio, ha invitato ad un cambiamento di sguardo nei confronti dell’Africa, anche della visione che gli africani hanno di sé stessi: niente più paternalismo e assistenzialismo, ha detto, oggi l’aiuto deve servirci per fare a meno degli altri e fare sintesi tra pratiche tradizionali e democrazia occidentale. Noi africani siamo contenti dell’arrivo dei cinesi in Africa – ha affermato ma bisogna che la Cina sappia che gli africani vogliono essere trattati in modo paritario. Badini ha chiesto perciò che il partenariato con cinesi ed europei sia concentrato su salute, educazione ed infrastrutture. Dal canto suo la Cina, come ha ricordato Qiu Bohua, ambasciatore del Forum cooperazione tra Africa e Cina, ha auspicato che gli altri Paesi abbiano una visione e un atteggiamento più aperto e tollerante, per poter dare il nostro contributo allo sviluppo africano. Del resto, ha aggiunto, nessuno è perfetto: noi abbiamo fatto tante opere importanti in Africa, come scuole, biblioteche, strade, e forse abbiamo fatto poco sul piano comunicativo per valorizzarle. Abbiamo creato occupazione nel settore tessile, dando lavoro a decine di migliaia di persone e favorendo la stabilità. Sul piano dello sfruttamento delle risorse energetiche (metano e petrolio), Qiu Bohua ha precisato che la Cina importa solo il 6% delle risorse esportate dall’Africa. Con l’esperienza miglioreremo le nostre modalità di cooperazione ha concluso e speriamo che le nostre opere porteranno benessere al popolo africano. Anche He Wenping, docente all’Accademia di scienze sociali di Pechino, ha fatto notare che la Cina, rispetto all’Europa, ha uno sguardo diverso sull’Africa: per gli europei è il continente della povertà e dei problemi, per noi è il continente delle opportunità dove realizzare progetti.La diversità di approccio è dovuta al fatto che gli occidentali fanno attenzione ai processi, i cinesi invece guardano solo ai risultati. Prova ne è, a suo parere, che i modello occidentale di cooperazione non ha dato risultati molto soddisfacenti nel liberare l’Africa da povertà e sottosviluppo. Ha proposto invece un’analisi profonda sulla ristrettezza delle visioni culturali che abbiamo degli altri, in questo caso tra europei, cinesi e africani, Jean Michel Debrat, dell’Agenzia francese per lo sviluppo. E’ suo l’invito a non considerare l’Africa solo come un mercato ma come un polo fondamentale per la crescita economica del mondo. Anche se l’Europa questo non l’ha ancora capito. Debrat non ha nascosto le perplessità su alcuni temi come il sindacalismo, la responsabilità sociale d’impresa, la stampa libera, il rispetto dell’ambiente su cui si fatica a dialogare con la Cina. Da qui la raccomandazione a tenere conto delle diversità culturali e delle millenarie tradizioni da entrambe le parti. La Cina ha concluso Debrat sicuramente non è di passaggio in Africa. Questa presenza, se ben gestita, potrebbe rappresentare un momento straordinario perché l’Africa possa dire di essere finalmente indipendente dall’Europa. Anche Giuseppe Morabito, direttore generale per l’Africa del Ministero affari esteri, ha invitato a superare la logica assistenziale e la visione afro-pessimista