Quante speranze, quante vite di giovani uomini e donne dell’Africa, dell’Asia, dell’America, finiscono sulle le vie tortuose e insidiose dei viaggi della speranza o nelle onde del Mediterraneo. Quante ansie, quanti drammi dolorosi! Nel nostro mondo se ne parla poco, non se ne vedono le immagini. Sembra che tanti non vogliano vedere per compatire, per sostenere con la preghiera, per accogliere chi ha tanto rischiato e sofferto per approdare a questa sponda. Lo ha detto stasera mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, nella veglia ecumenica Morire di speranza, in memoria delle vittime dei viaggi verso l’Europa organizzata a Roma, a S.Maria in Trastevere, da Acli, Associazione Centro Astalli, Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Migrantes, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato 2009. Tante tempeste opprimono la vita degli uomini e donne in tante parti del mondo, ha osservato mons. Vegliò, eppure il mondo ricco a cui apparteniamo spesso non se ne accorge tanto. Per chi sta in mezzo alla tempesta, questo mondo ricco appare indifferente, assorbito dalle proprie cose e dimentico di chi sta soffrendo. Sì, davvero, non bisogna distogliere lo sguardo e dimenticare la sofferenza in cui intere popolazioni vivono. Distribueremo alla fine di questa veglia ha annunciato mons. Vegliò – una immaginetta dell’arca di Noè. Come l’arca salvò la vita di Noè e dei suoi durante la grande tempesta del diluvio, così noi pregheremo che i numerosi uomini e donne che ora stanno viaggiando per terra e per mare per fuggire dalla tempesta in cui si sono trovati, possano essere accolti e non respinti. Perché, è stato l’auspicio, siano accolti con amore e comprensione nei paesi in cui regna la pace, vige la libertà, esistono le cure per la malattie, abbonda il pane per tutti e dove, lavorando, si può costruire una vita sicura e felice per i propri cari. La sapienza del Vangelo, l’umanesimo cristiano che scaturisce dalla Chiesa, non è debolezza o ingenuità ha avvertito il presule -: è intelligenza e cultura, senso di responsabilità e capacità di edificare il bene comune. Sì, ha concluso mons. Vegliò, conceda il Signore che i nostri paesi benestanti si trasfigurino in un arca di salvezza per uomini, donne e bambini che subiscono la guerra, la violenza, le calamità naturali e soffrono la fame. Che anche questa sia la nostra preghiera, mentre ricordiamo con amore e dolore coloro che sono morti mentre speravano di approdare ad una terra accogliente.Sir