La crisi finanziaria ed economia è un’occasione, non per puntare alla decrescita, ma per riappropriarci responsabilmente della crescita, obbligandoci a pensare e riprogettare, darci nuove regole e trovare nuove forme di impegno: lo ha detto oggi a Zagabria, mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e pace, intervenendo all’incontro europeo dei vescovi delle Conferenze episcopali d’Europa responsabili per le questioni sociali, sul tema Crisi economica-finanziaria: di-sperare? Esperienze, iniziative, problemi e risposte della Chiesa in Europa, organizzato dal Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee). Vi partecipano 34 rappresentanti di 21 Conferenze episcopali. La crisi, ha osservato mons. Crepaldi, ci interpella in profondità e mentre ci fa sentire più vulnerabili, sollecita anche la nostra responsabilità. Essa dimostra che l’economia non sa reggersi da sola, senza essere sostenuta da un sistema di valori di riferimento che la trascenda, ossia che non sia a sua volta solo economico. E quando questo viene meno, l’economia non è in grado, da sola, di ricostruirlo. Mons. Crepaldi non concorda con chi considera la crisi come un’occasione per una decrescita che impone di rivedere molti comportamenti consumistici perché, a suo avviso, questi vedono nella crisi la sconfitta del modello della crescita e l’occasione per invertire la rotta.Non nego che la crisi apra anche interessanti spazi per razionalizzare i nostri comportamenti economici ha affermato mons. Crepaldi , ma non mi sento di plaudire ad una crisi che mette in ginocchio lavoratori e famiglie e impedisce dei seri aiuti ai Paesi poveri. Tuttavia, precisa, la crisi è occasione di discernimento e di nuova progettualità. Soprattutto in termini di rispetto della sussidiarietà, principio che a ben vedere la crisi finanziaria ha negato: La finanza dovrebbe essere sussidiaria all’economia reale e non viceversa. Le banche e le borse dovrebbero essere sussidiarie al sistema produttivo e non viceversa. I mutui cassa dovrebbero essere sussidiari alle famiglie e non viceversa. Anche nelle risposte alla crisi, ha precisato, non si rispetta sempre il principio di sussidiarietà. A suo parere negli interventi degli Stati nel capitale delle grandi banche rimane comunque preferibile, in linea teorica, fornire aiuti indiretti piuttosto che diretti: In ogni caso ha sottolineato gli aiuti dati in forma diretta dovrebbero chiaramente prevedere il carattere di supplenza e di temporaneità e non costituire una nuova stabile presenza dello Stato nell’economia.Inoltre, ha aggiunto mons. Crepaldi, la crisi è occasione per ripensare l’economia tenendo conto delle esigenze dei poveri e giungendo finalmente a riconoscerli come una risorsa e non come un fardello. Il pericolo intravisto da mons. Crepaldi è che cessino i finanziamenti allo sviluppo, che già erano precari e che la finanza per lo sviluppo, anche quella innovativa, si inaridisca. Bisogna pensare di uscire dalla crisi ha suggerito non solo riattivando i sistemi finanziari dei Paesi sviluppati ed emergenti, ma anche bloccando la volatilità dei capitali e lo scandalo dei paradisi artificiali e delle banche off shore, che sono tante e diffuse. In questo senso ha criticato Paesi come l’Italia che tuonano contro i paradisi artificiali ma che di fatto li ospitano e li adoperano. So anche che la loro soppressione dovrebbe essere concomitante ha precisato altrimenti della soppressione degli uni beneficerebbero gli altri. Indubbiamente non è cosa facile. Però l’occasione c’è, che non riusciamo a coglierla è possibile, ma è colpa nostra. La necessità di cambiare le regole per far sì che anche i poveri accedano al mercato è anche un interesse dello stesso mercato.Sir