In preghiera per le vittime del mare davanti alla Porta di Lampedusa-Porta d’Europa, il monumento in memoria dei migranti morti durante le traversate nel Mediterraneo. Tre vescovi e una settantina di partecipanti al Coordinamento immigrazione di Caritas italiana (riunito dal 25 al 27 marzo a Lampedusa) si sono ritrovati stasera qui, nel tramonto di Punta Maluk, il luogo più a sud dell’Europa, per non dimenticare le oltre 13.344 vittime (dal 1988 ad oggi) dei viaggi della speranza. Mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas italiana, mons. Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento e mons. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, hanno guidato oggi la preghiera davanti al monumento costruito dallo scultore Mimmo Paladino, inaugurato lo scorso anno. Un posto come questo raschia il nostro cuore e le nostre sicurezze ha detto mons. Montenegro -. E ci chiediamo come sia possibile che la storia drammatica di ieri, sia ancora la storia di oggi. Poco prima i vescovi, insieme al direttore della Caritas don Vittorio Nozza, e ad alcuni responsabili di Migrantes e della Caritas, avevano visitato il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Contrada Imbriacola, dove sono ospitati dal dicembre/gennaio scorso, senza poter uscire, 726 immigrati. Hanno fatto visita anche al centro di primo soccorso della ex base Loran, che ospita 11 immigrati con possibilità di diventare richiedenti asilo. In quest’ultimo centro hanno consegnato ad alcuni nigeriani cristiani delle Bibbie. A Contrada Imbriacola sono invece tutti maghrebini, in maggioranza da Tunisia e Marocco. Abbiamo constatato una grande attenzione da parte di tutti gli operatori ha commentato mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas italiana ma rimane aperta la domanda se la legislazione e il sistema vigente siano in grado di coniugare accoglienza, rispetto dei diritti umani e legalità. Gli scambi tra vescovi e immigrati sono stati molto veloci ha raccontato Francesco Marsico, vicedirettore di Caritas italiana -. Molti immigrati chiusi da mesi nel centro chiedevano libertà : una aspirazione legittima, che però questa legislazione non può garantire. I vescovi sono rimasti molto colpiti dai racconti degli operatori sanitari del centro, che hanno descritto le drammatiche condizioni delle persone appena sbarcate: molti hanno grandi ustioni a causa della miscela di acqua e benzina nel motore e d’estate a causa del sole. D’inverno, invece, arrivano intirizziti e in ipotermia. In mattinata anche una delegazione di giornalisti di testate cattoliche aveva fatto visita al Cie, mentre i partecipanti al convegno hanno incontrato gli operatori delle organizzazioni che lavorano al centro.Sir