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Medio Oriente: la Palestina è un nuovo Stato delle Nazioni Unite

Svolta storica alle Nazioni Unite: la Palestina viene riconosciuta ufficialmente come uno Stato autonomo della comunità internazionale. L'Assemblea Generale ha approvato la risoluzione che assegnava ai Terrritori lo status di «Paese non membro» dell'Onu con un ampio consenso: 138 favorevoli, 9 contrari e 41 astenuti.

“Il voto sottolinea l’urgenza di una ripresa dei negoziati di pace”, ha commentato il segretario generale Ban Ki-moon, mentre in Medio Oriente la notizia del riconoscimento è stata accolta con una grande festa in diverse località della regione, tra cui Ramallah, in Cisgiordania. Anche Hamas ha esultato per l’approvazione: “Questa è una nuova vittoria sulla via della liberazione della Palestina e del ritorno dei profughi. Ci felicitiamo con noi stessi”, ha dichiarato un portavoce del gruppo radicale, Ahmed Youssef.

Negativi i commenti americani. Per gli Stati Uniti si tratta di una posizione “infelice e controproducente”. Il voto, ha chiosato l’ambasciatore americano Susan Rice, “crea ulteriori ostacoli sulla via della pace e “non può risolvere il conflitto israelo-palestinese. Questa risoluzione non riconosce che la Palestina è uno Stato”, ha poi aggiunto. Per il segretario di Stato Usa Hillary Clinton il parere della plenaria “pone nuovi ostacoli sul cammino della pace”.

La Santa Sede ha invece espresso la sua soddisfazione: “Accogliamo con favore la decisione dell’Assemblea Generale, con la quale la Palestina è diventata Stato Osservatore non membro delle Nazioni Unite”. In un comunicato diffuso a tarda sera dal portavoce vaticano, la Santa Sede precisa che, pur non avendo partecipato al voto (perché ha il rango di «Osservatore»), ha seguito «direttamente e con partecipazione i passi che hanno condotto a questa importante decisione, sforzandosi di rimanere al di sopra delle parti e di agire in linea con la propria natura religiosa e la missione universale che la caratterizza, nonché in considerazione della sua attenzione specifica alla dimensione etica delle problematiche internazionali».

Questa decisione, prosegue la nota vaticana, va «inquadrata nei tentativi di dare una soluzione definitiva, con il sostegno della comunità internazionale, alla questione già affrontata con la Risoluzione 181 del 29 novembre 1947 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tale documento pose la base giuridica per l’esistenza di due Stati, uno dei quali non è stato costituito nei successivi sessantacinque anni, mentre l’altro ha già visto la luce». «La votazione odierna – afferma ancora la Santa Sede – manifesta il sentire della maggioranza della comunità internazionale e riconosce una presenza più significativa ai Palestinesi in seno alle Nazioni Unite. In pari tempo, è convinzione della Santa Sede che tale risultato non costituisca, di per sé, una soluzione sufficiente ai problemi esistenti nella Regione: ad essi, infatti, si potrà rispondere adeguatamente solo impegnandosi effettivamente a costruire la pace e la stabilità nella giustizia e nel rispetto delle legittime aspirazioni, tanto degli Israeliani quanto dei Palestinesi».

Critico il premier israeliano Benyamin Netanyahu, che già ieri aveva messo in chiaro che il voto all’Onu “non cambierà alcunché sul terreno. Non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà”. “Nove Paesi si sono schierati dalla parte della verità e della pace. La storia li vedrà sotto una luce positiva, devono essere lodati”, ha quindi ribadito a caldo il premier ebraico, biasimando inoltre il discorso “velenoso” del presidente dell’Anp Abu Mazen.

Ieri l’Italia, a poche ore dal voto aveva sciolto le riserve e annunciato “il proprio sostegno” al riconoscimento della Palestina come “Stato non membro” delle Nazioni Unite. In una nota Palazzo Chigi aveva precisato che la “decisione è parte integrante dell’impegno del governo italiano volto a rilanciare il processo di pace con l’obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento”.

Per Tel Aviv resta il timore che nel testo della risoluzione figuri anche una richiesta di adesione ad agenzie Onu o di sottoscrizione di trattati, il che, per l’Anp, aprirebbe la possibilità di trascinare Israele davanti la Corte penale internazionale dell’Aia in relazione al controverso caso degli “insediamenti illegali israeliani”.