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SETTIMANALI FISC: CONVEGNO PADOVA. NO ALLA PAURA INDISTINTA FRUTTO DI IGNORANZA

Gli italiani “sono felici”, indipendentemente “dalla politica e dal potere”: a dare loro felicità sono “i nipoti, i figli, la famiglia, la casa”. Enrico Finzi, sociologo e presidente di Astra-Demoskopea, ha portato i dati di una sua ricerca sulla felicità al convegno nazionale della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), in corso a Padova sul tema “Un allarme al giorno: è la stampa, bellezza! Sicurezza, territorio, informazione”. Questa felicità, ha spiegato, “è frutto della millenaria tradizione cristiana” e non è incompatibile con l’avere “paure specifiche, che sono connaturate all’essere umano”. A mettere a rischio la felicità è invece una “paura indistinta, disordinata”, che “si traduce in misconoscimento dell’altro e lo trasforma in un possibile nemico”. “Ieri – ha ricordato – l’altro era il «terrone», oggi l’immigrato, magari extracomunitario”. Ma questa paura è frutto di “ignoranza”, ha aggiunto Gerolamo Fazzini, direttore editoriale di “Mondo e missione”. “Tante persone – ha evidenziato – hanno paura per ignoranza, perché magari non hanno mai parlato con uno straniero”. Ma, per ogni persona e in particolare per un giornalista, non basta “conoscere dall’esterno” la realtà degli immigrati, bensì occorre andarvi “dentro”, “lasciarsi interrogare per poter raccontare quale tessuto hanno alle spalle queste persone”.

Spesso colui che abbiamo davanti ha una storia drammatica e, ha aggiunto Fazzini, “non lo dobbiamo accettare per buonismo, ma perché ci conviene che tutti stiano bene, altrimenti gli «inferni del mondo» prima o poi ci sopraffaranno”. E se la “politica della paura” conviene a chi preferisce “vendere scorciatoie anziché proporre soluzioni”, da parte dei media “c’è tutto un linguaggio da inventare – ha evidenziato – per parlare di queste tematiche: parole che non siano fredde, suscitino emozioni ma non si limitino a emozionare, che dietro la storia facciano capire i problemi, che diano un pugno allo stomaco, ma non fine a se stesso”. “Per garantire sicurezza viene prima la prevenzione o la repressione?”, si è interrogato mons. Giovanni Nervo, primo presidente della Caritas italiana e presidente onorario della Fondazione Zancan. La risposta è “prevenzione”, a fianco di “un’informazione precisa, documentata e costante per promuovere la conoscenza e una cultura diffusa”. Infine, bisogna “diffondere speranza”. “Sono giusti – ha concluso – i programmi di denuncia, ma troppo raramente si parla anche delle buone prassi, di quelle realtà che funzionano bene”.

Servono “competenze specifiche da parte dei giornalisti”, che prevedano “un’etica e una cultura della notizia di criminalità” per “fornire un’immagine non stereotipata” della cronaca nera. È un’indicazione che emerge dallo studio su “Media e criminalità” condotto da Transcrime e presentato oggi pomeriggio a Padova, al convegno della Fisc. L’indagine, condotta sui due principali quotidiani padovani (“Il Gazzettino” e “Il Mattino di Padova”) nel periodo 1983-2004, serve a “capire se, quando si parla di criminalità, la realtà è rappresentata in modo distorto”. “La distorsione con cui i media rappresentano la criminalità – spiegano i curatori della ricerca, Andrea Di Nicola e Andrea Cauduro – può avere un impatto sulla percezione di sicurezza dei cittadini”, ma se “i media non riportano una fotografia esatta di ciò che succede”, “non è necessariamente qualcosa di voluto”. Positivo sarebbe un “incontro tra istituzioni e media a beneficio dei cittadini”, per dare visibilità a “modelli di prevenzione”, come programmi “di deterrenza”, “di riduzione della vittimizzazione” e “di partecipazione dei cittadini, per rendere più efficace il contrasto della criminalità”.

Sir