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ENZO BIAGI, IL RICORDO DI MONS. RAVASI: UN’ETICA IRRADIATA DALLA LUCE DELLA FEDE

Una persona in cui “l’aspetto spirituale e religioso era sempre insito nella sua esperienza umana”, traducendosi in “coerenza etica”. Così mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ricorda Enzo Biagi, scomparso questa mattina a Milano. È radicato nel tempo il rapporto tra il presule e il giornalista: un legame che seguiva un duplice percorso, culturale e “più personale ed intenso, di stampo spirituale ed esistenziale”. Soprattutto nei momenti più difficili, legati alla scomparsa della moglie Lucia e della figlia Anna, Biagi “aveva desiderio di un interlocutore che avesse la dimensione religiosa piena, dimensione della quale lui è tuttavia sempre stato testimone”. “Ci siamo incontrati a casa sua il 12 settembre”, racconta al Sir mons. Ravasi, e “come faceva solitamente, è risalito fin alle origini della sua vita. Alla fine mi ha chiesto di ricevere la sua confessione generale. Ci siamo salutati con la consapevolezza, mi disse, che non ci saremmo visti più”. E invece l’ultimo incontro è stato pochi giorni fa nella clinica in cui era ricoverato. A fianco del ritratto umano e del “legame con le origini, con la religiosità della madre, con la moralità che gli avevano trasmesso i genitori”, mons. Ravasi ricorda l’abilità narrativa di Biagi, nella quale “non vi era né l’assalto, per far cadere in contraddizione l’interlocutore, né la semplice narrazione”. “Quando incontrava qualcuno, aveva la capacità di fare il ritratto del personaggio, ma d’altra parte non erano mai ritratti neutri: alla fine il giudizio c’era sempre, e talora l’interlocutore ne usciva piuttosto malconcio. Però veniva fatto sempre con la capacità narrativa e lo stile di un giornalismo che era proprio anche di un altro grande giornalista, Indro Montanelli”. Circa il contributo che Biagi e Montanelli hanno dato alla cultura e al Paese, mons. Ravasi sottolinea come questi ammirassero “coloro che avevano una loro coerenza e un loro rigore”. Con un’“etica laica, ma profondamente irradiata dalla luce della fede”, Biagi c’insegna ancora adesso a “ritrovare la capacità di distinguere ciò che è bene da ciò che è male” e che “la cultura non è semplicemente un’etica comportamentale, ma è invece anche una netta concezione della persona, dell’uomo, dei valori, nel rigore e nella semplicità”. E questa, conclude, “è un’eredità da non perdere”.Sir