Italia

IMMIGRATI E PREVIDENZA; INPS-CARITAS: 1 MILIONE E MEZZO I NON COMUNITARI. LA MAGGIORANZA ARRIVA DALL’EUROPA

I lavoratori e le lavoratrici non comunitari assicurati all’Inps alla fine del 2003 sono 1.471.026. Si tratta nella quasi totalità di lavoratori dipendenti da aziende o da famiglie (96,7%), di cui il 4,4% nel settore agricolo, il 22,6% nel settore domestico e il 69,7% negli altri settori. È quanto emerge dal II Rapporto annuale “Immigrati e previdenza negli archivi dell’Inps” realizzato dall’ente previdenziale in collaborazione con il Dossier Immigrazione Caritas-Migrantes e diffuso oggi. I circa un milione e mezzo di lavoratori non comunitari (all’epoca l’Ue era composta da 15 Stati) risultano presenti per il 58,1% al Nord, il 26,8% al Centro e il 10,2% al Sud mentre per il 2,3% non è stato possibile accertare la provincia di provenienza. Sempre secondo il Rapporto è ridotta, Seppure in crescita, la quota dei lavoratori autonomi (3,3%), che in un solo decennio sono quadruplicati, passando dalle 10.289 unità del 1992 alle 48.377 del 2003. La crescita maggiore di lavoratori iscritti all’ente previdenziale italiano è stata registrata nel settore della collaborazione familiare (+588,7%), dove la prevalenza delle donne è netta (86,2%).

Secondo i dati Inps, i principali ambiti di inserimento degli assunti dalle aziende sono l’industria, che nel complesso ne assorbe il 50,1%, e il terziario, in cui è impiegato il 42%. I comparti più rappresentati sono il commercio (34,5%, pari a 353.741 addetti), l’edilizia (18,1%, pari a 185.204 addetti) e la metallurgia e meccanica (14,3%, pari a 146.135 addetti). Nelle costruzioni, inoltre, quasi il 15% dei lavoratori regolari è un cittadino non comunitario. Quasi la metà dei lavoratori non comunitari iscritti negli archivi dell’Inps proviene dall’Europa (45,6%, il 96,7% dei quali dall’Europa dell’Est), in tutto 669.995 persone. Seguono l’Africa con il 24%, l’Asia con il 17,1%, l’America con l’11%, gli apolidi con il 2,2% e l’Oceania con lo 0,1%. Sempre l’Europa, nell’ultimo decennio, è il continente che ha registrato l’incremento percentuale maggiore, soprattutto dall’Europa dell’Est con un aumento pari a 16 volte rispetto al 1992. Per quanto riguarda i paesi di provenienza al primo posto la Romania (oggi nell’Ue) seguita da Albania e Marocco, rispettivamente con il 13%, il 10,8% e il 10% dei non comunitari.

La maggioranza dei cittadini non comunitari dipendenti da aziende in Italia è assunto con la qualifica di operaio e aumenta il lavoro in nero. E’ quanto emerge dal II° Rapporto su “Immigrati e Previdenza negli archivi dell’Inps”, promosso dall’ente previdenziale in collaborazione con il Dossier Statistico Caritas-Migrantes. Infatti, su 1.101.293 lavoratori dipendenti da azienda non comunitari (per il 29,2% donne), l’85,1% è costituito da operai, l’8,9% da impiegati, il 5,4% da apprendisti e solo lo 0,5% dei casi da quadri e dirigenti. La retribuzione dei lavoratori dipendenti non comunitari è di 11.036 euro annui, pari a 785 euro al mese. I lavoratori immigrati percepiscono una retribuzione media inferiore del 37% rispetto a quella complessiva. Le donne hanno percepito 6.751 euro, contro gli 11.253 degli uomini. In termini “più espliciti”, spiegano i redattori del rapporto, significa che la retribuzione delle lavoratrici ammonta al 60% di quella riconosciuta agli uomini. Riguardo al lavoro nero, nella sua attività ispettiva l’Inps ha rilevato nel corso del 2005 la presenza di 62.174 lavoratori in posizione irregolare nelle aziende non agricole, dei quali l’89% (55.453) sconosciuti all’Istituto. Dai dati emerge un trend di crescita del lavoro nero degli stranieri. Nel 2003 rappresentavano quasi il 15% dei lavoratori sconosciuti all’Istituto. Nel 2005 questo dato raggiunge il 24%.

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