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LEGGE 40, SCIENZA E VITA: NO A TENTATIVI DI FORZARLA; IN GIOCO LAICITÀ E DEMOCRAZIA

“Laicità e democrazia sono a rischio di estinzione quando si fa pressione per modificare le linee-guida applicative della legge in modo che possano servire come grimaldello per scardinare la legge stessa”. A lanciare il grido d’allarme è stata Maria Luisa Di Pietro, co-presidente (con Bruno Dallapiccola) dell’Associazione Scienza e vita, durante la conferenza stampa svoltasi oggi a commento dei dati del Ministero della Salute sull’applicazione della legge 40, e alla vigilia dell’emanazione delle linee-guida della stessa legge. Nelle “azioni illegali” poste in atto nel tentativo di portare ad una revisione della legge, per Di Pietro rientrano tutte quelle che vogliono “far dire alla legge quello che la legge non dice”. Senza contare la mancanza di informazioni su cosa si fa per la “prevenzione primaria della sterilità “, che “sta diventando una vera e propria emergenza anche per il nostro Paese”, oppure “sui danni da fecondazione artificiale e sul fatto che la tanto richiesta diagnosi preimpianto causa tali danni all’embrione da ridurne di un terzo le nascite”. Dopo circa sessanta giorni dal Family Day, denuncia inoltre Scienza e vita, anche il milione e mezzo di persone di piazza S.Giovanni rischia di “passare inosservato”, così come quel 71,4% di italiani che, nel referendum del 2004, “si è astenuto in modo attivo e consapevole, facendo così fallire il referendum abrogativo”.

“Cambiare la legge”, perché “oggetto delle linee-guida sono soltanto le procedure e le tecniche in vista di garantire il rispetto delle regole igienico-sanitarie”, ha detto Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, intervendo oggi alla conferenza stampa promossa dall’Associazione Scienza e Vita sulla legge 40. Casini ha stigmatizzato qualunque “tentativo di forzare la legge”, ricordando che le linee-guida previste dall’art. 7 della stessa sono “un provvedimento amministrativo che non può in alcun modo modificare un testo normativo approvato dal Parlamento”. “Contrariamente alle tesi presentate dal Ministro della Salute nella sua relazione – ha fatto presente – la legge 40 ha funzionato bene, sia nello scopo di evitare distruzioni dirette e premeditate di embrioni, sia in quello di contribuire a superare le cause della sterilità “. Sotto il primo aspetto, per Casini, “il ministro ha omesso di segnalare che il divieto di congelamento degli embrioni ha evitato la morte di alcune migliaia di esseri umani a partire dal 2004, come è dimostrato dalla relazione stessa che riferisce della morte di 858 embrioni scongelati solo nel 2005: questi che facevano parte del complesso di embrioni congelati prima della legge”. Secondo il presidente del Movimento per la Vita “è assolutamente falso che la legge abbia ridotto la percentuale delle gravidanze”, collegata invece al “mutamento della tipologia delle pazienti”: quelle superiori ai 35 anni, infatti, sono aumentate del 4,3 per cento. Il fatto, infine, di utilizzare il termine “otide” (che indica l’embrione nei primissimi anni di vita, ndr.) non è altro, per Casini, che un “escamotage verbale privo di qualsiasi consistenza scientifica che ha il solo scopo di consentire interventi distruttivi che la legge invece non consente sull’embrione”.

“Più che inseguire il discorso delle tecniche, ci si dovrebbe porre il problema della fattibilità di politiche familiari e sanitarie che rappresentino una vera e propria prevenzione della sterilità, diventata ormai un’emergenza anche nel nostro Paese”. Ne è convinto Lucio Romano, dell’Università di Napoli, che intervenendo oggi alla conferenza stampa dell’Associazione “Scienza & Vita” sulla legge 40 si è soffermato sulla “inadeguatezza” dei dati forniti dai Centri specializzati in Italia, per la prima volta oggetto della Relazione ministeriale sullo stato di attuazione della legge 40/2004. “I dati pubblicati – ha rilevato l’esperto – non consentono una dettagliata valutazione circa la sicurezza e l’efficacia delle tecniche utilizzate”: dei 330 Centri iscritti nel registro nazionale, infatti, il 37,5% non ha fornito informazioni sulle gravidanze ottenute e sul loro esito. Nella relazione del Ministro Turco, inoltre, “non sono riportati i dati disaggregati in rapporto all’età delle donne, al tipo e alla gravità della sterilità”, peraltro in forte aumento anche nei soggetti maschili. Per quanto riguarda la diagnosi reimpianti, “è ormai dimostrato – ha concluso Romano – che non fa aumentare, ma riduce il numero di gravidanze dopo il 36° anno di età”.

Sir