Per la tradizionale Festa del teatro che ogni estate, da 67 anni a questa parte, la città di San Miniato ospita nella sua storica piazza del Duomo, il regista e adattatore Roberto Guicciardini ha proposto, con “L’ombra di Antigone”, «una delle possibili ipotesi di interpretazione».A differenza della tragedia di Sofocle, qui Antigone, figlia della colpa, continua a vivere. Vive in un luogo di morte per far sentire la sua voce e raccontarci la sua storia, il suo dramma, per cercare nel suo passato una verità che rimarrà sempre un mistero. Antigone porta addosso la croce dell’essere sorella ma anche simbolicamente madre di suo fratello: morta nella vita trova vita nella morte. «Nella tomba in cui Antigone è sepolta viva — dice Guicciardini — si potenzia il significato fondamentale della sua figura mediatrice fra amore e conoscenza. Antigone è una figura profetica, “figura dell’aurora della coscienza”, sul crinale fra una visione arcaica dell’uomo e una nuova definizione dell’esistenza».La tomba di Antigone, nella versione sanminiatese, diventa «una tomba abitata dall’amore» e il suo delirio «diventa così — a giudizio di don Piero Ciardella al suo debutto come direttore artistico dell’Istituto del dramma popolare — un cantico aurorale che accompagna il sorgere di un giorno nuovo». Ed in questo c’è anche la ragione di un testo che, sul palcoscenico del teatro dello spirito, trova la forza di parlare all’uomo d’oggi e alle inquietudini dell’epoca che viviamo.