Italia

IMMIGRAZIONE: MONS.NOZZA (CARITAS) A «TERRA FUTURA», «VALORIZZARE (E REGOLARIZZARE) IL LAVORO DEGLI IMMIGRATI»

“E’ venuto il tempo della valorizzazione della presenza e dell’apporto degli immigrati nel mondo del lavoro e nella società”: lo ha affermato oggi mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana, intervenendo alla sessione inaugurale di “Terra futura”, la mostra-convegno delle buone pratiche di sostenibilità che si apre oggi a Firenze (fino al 20 maggio), dedicata al tema “Lavoratori: diritti e doveri”. Parlando della condizione dei lavoratori immigrati mons. Nozza ha ricordato quanto il loro apporto sia “determinante per numerosi e ampi settori produttivi del Paese” come “l’agricoltura, la pesca, l’industria alimentare, la metallurgia, il tessile, l’edilizia”, ma soprattutto nei lavori domestici e di cura familiare, cioè in tutti “quei lavori pesanti e scomodi che molti italiani- talvolta anche disoccupati – decidono di non fare”. Il direttore della Caritas ha rilevato le difficoltà che gli immigrati incontrano nel vedere “riconosciute le competenze possedute” visto che trovano facilmente lavoro solo all’interno della “nicchia” occupata dal proprio gruppo nazionale (vedi il lavoro di collaborazione domestica per i filippini).Da non trascurare tra le cause di difficoltà di carriera – osserva – anche la mancanza di un’adeguata conoscenza della lingua e la resistenza dei compagni di lavoro italiani rispetto all’eventualità di essere coordinati da un lavoratore proveniente da un Paese ritenuto meno evoluto”. Ecco perché molti immigrati scelgono la strada della microimprenditorialità. A questo punto del processo secondo mons. Nozza sono “doverosi la stipula e il rispetto di contratti regolari”, sia nella “grande e media industria ma anche in realtà più piccole, fino alla famiglia che si avvale di una colf straniera”. Bisogna inoltre “contrastare le forme di sfruttamento” nei “lavori ‘sporchi’ o addirittura criminosi”, come pure “sensibilizzare i ‘clienti’ delle vittime della tratta della prostituzione, spesso lavoratori italiani che approfittano di questo tipo di offerta senza percepire la catena di sfruttamento e umiliazione che determina”.

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