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De Gasperi 50 anni dopo

Tra i cosiddetti “padri fondatori” della comunità europea si è soliti ricordare almeno tre figure di statisti di formazione e ispirazione cattolica: Robert Schuman, ministro degli esteri francese, cui si deve (assieme al connazionale Jean Monnet) la famosa Dichiarazione del 9 maggio 1950 che porterà alla creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio; il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, guida della rinata Germania post-nazista, convinto assertore della necessità di perseguire la pace e lo sviluppo mediante il rafforzamento del processo di integrazione continentale; l’italiano Alcide De Gasperi, capo del governo fra il dopoguerra e i primi anni ’50, cui si deve la collocazione atlantista del nostro paese e l’ideazione di una Europa unita non solo sul piano economico, ma anche politico, dotata di solide istituzioni sovranazionali e di una “costituzione” di stampo federale.

Ebbene a questi uomini (assieme naturalmente a molti altri, con differenti storie personali e diverse matrici culturali) si devono le fondamenta dell’Unione europea dei nostri tempi, che giunge con il 1° maggio a contare 25 Stati membri rispetto ai 6 iniziali. Le radici e il percorso attuale dell’Ue si riscontrano ad esempio nel pensiero e nell’azione politica di quel De Gasperi, uomo di frontiera (nato in Trentino nel 1881, fu parlamentare a Vienna prima di esserlo a Roma), scomparso nel 1954.

Con un salto indietro proprio di mezzo secolo, giungiamo al 21 aprile 1954: a quell’epoca lo statista democristiano aveva già lasciato gli incarichi governativi e si era dedicato anima e corpo a sostenere la causa europea, con una intelligenza e una incisività che gli saranno riconosciute di lì a pochi giorni con l’elezione a presidente dell’Assemblea della Ceca. Davanti alla Conferenza parlamentare europea, riunita a Parigi, De Gasperi pronunciò quel giorno un discorso rimasto famo so per l’efficace espressione: “La nostra patria Europa”. L’oratore sosteneva la necessità della convergenza di varie ispirazioni ideologiche e politiche (fra cui liberismo e socialismo) affinché la “piccola Europa” potesse divenire elemento di pacificazione e di sviluppo, in grado di rispondere agli interessi dei suoi “cittadini”.

“Se con Toynbee io affermo che all’origine di questa civiltà europea – si legge in un passaggio dell’appassionato intervento – si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell’apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo culto ereditato dagli antichi, col suo culto della bellezza affinatosi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria”.

Nello sforzo “architettonico” per “edificare la casa comune” occorreva, a detta di De Gasperi, “una sintesi politica, sociale, economica e morale” che finalmente potrebbe giungere con il nuovo Trattato costituzionale, cui si chiede un’esplicita citazione delle radici giudaico-cristiane del continente.

Mezzo secolo fa De Gasperi lo aveva già intuito e affermato.Sir