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STAMINALI EMBRIONALI: DI PIETRO (SCIENZA & VITA), «NO ALL’UTILIZZO NELLA RICERCA»

“Gli embrioni, comunque siano stati prodotti e anche se in sovrannumero o in stato di abbandono, sono esseri umani e come tali vanno tutelati”. Nei confronti del ritiro, annunciato ieri a Bruxelles, dell’adesione dell’Italia alla “Dichiarazione etica” che sanciva la contrarietà del nostro Paese (insieme ad altri cinque dell’Ue) al finanziamento di programmi europei di ricerca sugli embrioni, è assoluta la preclusione di Maria Luisa Di Pietro, membro del Comitato di bioetica dell’Università Cattolica e copresidente con Bruno Dallapiccola dell’associazione “Scienza & Vita”. Una contrarietà, dice al SIR, dettata “sia da motivi di natura etica che di natura scientifica”. “Poiché il prelievo di cellule staminali comporta la distruzione dell’embrione, giacché ciò che si asporta è la massa cellulare interna – spiega la bioeticista – si tratta di una procedura eticamente inammissibile. E ancora meno accettabile sarebbe produrre embrioni da destinare alla ricerca riducendoli così a materiale da laboratorio”. “C’è chi propone – prosegue Di Pietro – di utilizzare embrioni di 150-200 cellule dopo averne accertata la morte naturale, ma si tratta di pura teoria, non realizzabile a livello pratico. Allo stato attuale, infatti, non vi sono modalità per accertare la morte dell’embrione che non siano, esse stesse, distruttive. E una volta accertata la morte delle singole cellule, c’è da chiedersi a che cosa possano servire, giacché la ricerca deve essere effettuata su cellule vive. Una tesi che, pertanto, cade da sé”.

“Dal punto di vista scientifico occorre poi fare chiarezza sul fatto che i traguardi fino ad oggi raggiunti dalla ricerca, i successi a livello di sperimentazione animale e quelli nella pratica clinica sull’uomo, derivano dall’utilizzo di cellule staminali adulte o prelevate dal sangue del cordone ombelicale”, precisa ancora al SIR Maria Luisa Di Pietro, all’indomani del ritiro, annunciato ieri a Bruxelles, dell’adesione italiana dalla “Dichiarazione etica” che sanciva la contrarietà del nostro Paese a programmi europei di ricerca sugli embrioni. “Per quale motivo – si chieda allora la copresidente di Scienza & Vita – insistere sul filone di ricerca sulle staminali embrionali, una strada eticamente inaccettabile e scientificamente incerta, quando esistono autostrade ormai ampiamente collaudate da trent’anni di esperienza e da decine di migliaia di successi terapeutici?”. Per la bioeticista, “la ricerca deve essere libera ma non priva di riferimenti etici; chi la pratica è tenuto a interrogarsi non solo sui mezzi e sul tipo di progetto da sviluppare ma anche sulla realtà sulla quale sta conducendo la sperimentazione. La ricerca – conclude – contribuisce all’autentico progresso della civiltà solo se è realmente al servizio della persona, nel pieno rispetto della sua vita e della sua dignità”.Sir