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UNIONE EUROPEA: UN DOCUMENTO DELLA COMECE SULLA RESPONSABILITA’ DEI CATTOLICI

“Oggi, dopo l’adesione dei dieci nuovi Stati membro, il progetto dell’Unione europea ha bisogno di essere vivificato secondo lo spirito che fu alla sua origine, nel 1950”. La grande sfida per l’Europa oggi è capire “come risvegliare l’entusiasmo dei nostri popoli per la causa europea e per l’idea di fraternità tra tutti”. Nasce da questa duplice “esigenza” il documento dal titolo “Il futuro dell’Unione Europea e la responsabilità dei cattolici” che la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) presenterà giovedì 12 maggio a Bruxelles.

Il documento – di 60 pagine – è stato redatto da un gruppo di teologi e filosofi, di diversi paesi europei che hanno lavorato sotto la direzione di mons. Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont (Francia) e vice-presidente della Comece che giovedì 12 maggio presenterà il testo a Bruxelles insieme al Commissario europeo Jan Figel. Il documento è “un invito” a riflettere sul futuro dell’Ue alla luce dei cambiamenti che si sono realizzati negli anni 2004/2005 con l’allargamento dell’Unione a 25 Stati membri. Pubblicato nel 2003, il documento è frutto di una vasta consultazione: è stato infatti discusso e arricchito degli emendamenti proposti da diversi gruppi di lettori. Il documento parte dalla constatazione di una certo euroscetticismo con il quale è stato vissuto in Europa l’adesione di nuovi 10 Stati membro all’Unione europea. “Di fronte all’importanza e alla portata di un tale avvenimento – si legge nel documento della Comece – si sarebbe potuto aspettare un’esplosione di entusiasmo da parte dei paesi interessati. E invece, abbiamo assistito ad una certa discrezione nelle manifestazioni che hanno salutato queste nuove adesioni”. Evidentemente, gli europei non hanno avuto modo di “prendere ancora pienamente coscienza” della portata di un evento che si è svolto in “modo pacifico e non violento”. D’altra parte, “la pace è come la salute: è un bene di cui si avverte la necessità solo quando viene a mancare”. “La maggioranza dei cittadini europei non valuta il privilegio che ha. Noi siamo a tutti gli effetti la prima generazione che non ha conosciuto la guerra sul suolo europeo”.

Dopo l’analisi, gli episcopati europei riuniti nella Comece invitano gli europei a domandarsi “che cosa significa per l’Unione europea il fatto di essere eredità privilegiata della Tradizione cristiana” e a riflettere su come poter “parlare di una Europa cristiana, non soltanto nelle sue fonti e nelle sue origini, ma anche nel suo progetto e nei suoi obiettivi”.

I vescovi tengono a ribadire che “la tradizione cristiana non appartiene solo al passato. Essa non si riduce ad un patrimonio di esperienze storiche e di saggezza politico-sociale ma continua a nutrire l’impegno dei cittadini che si riconoscono esplicitamente come credenti in Cristo”. Poi una seconda precisazione: “la missione primaria della Chiesa” non è quella di dare all’Europa “un progetto politico determinato” ma di “offrire un contributo indiretto ma molto significativo alla vita dei paesi”.

Nella terza parte del documento, dedicata appunto al contributo delle Chiese all’Europa, i vescovi affermano che “i cattolici non hanno soluzioni ‘chiave alla mano’ da proporre per risolvere le sfide. Sanno però di essere eredi di una tradizione antica, che ha particolarmente segnato il continente europeo”. E’ una eredità “in movimento” e “aperta”. In movimento, perché coinvolge “in mille modi” laici, Chiese, diocesi e perchè è un impegno che si svolge nelle scuole, negli ospedali, nelle biblioteche, nelle università, tra i giovani “contribuendo alla vitalità culturale e spirituale dell’Unione”.

Ed è una eredità aperta secondo l’invito che fece Giovanni Paolo II nella “Ecclesia in Europa”: “Dire Europa, deve voler dire apertura”. Da qui l’impegno ecumenico perché “è impossibile richiamarsi all’eredità del cristianesimo in Europa senza riconoscere nello stesso tempo che questa eredità comporta pagine drammatiche: quelle della divisione tra le Chiese cristiane”. Il documento si chiude con uno sguardo “al di là delle frontiere dell’Europa e all’insieme della famiglia umana”. “L’Unione Europea – scrive la Comece – non può estraniarsi dal resto del mondo. Essa è al servizio della pace e dello sviluppo dei popoli che la compongono ma è anche una mediazione al servizio della pace e dello sviluppo di tutti i popoli della terra”. Sir

Il sito della Comece

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