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FAMIGLIA: RICERCA EURISPES, IL MODELLO PIÙ DIFFUSOLO È QUELLO CON UN NUCLEO

In famiglia non si rimane solo per motivi affettivi, ma anche, e spesso “soprattutto”, per necessità pratica: è quanto emerge dallo studio effettuato dal centro di ricerche sociali Eurispes, diretto da Gian Maria Fara, presentato questa mattina a Roma col titolo “Verso il familismo utilitaristico”. “I giovani – ha detto Fara durante la presentazione della ricerca – anche se tentano l’uscita dalla famiglia, spesso vi fanno ritorno come ‘figlioli prodighi’. Oppure vi rimangono a lungo per l’impossibilità materiale, per diversi di loro, di mettere su casa da soli abbandonando la famiglia di origine”. C’è poi la difficoltà di alcuni a recidere il legame matrimoniale per via dei costi economici e sociali del divorzio o della separazione. “Con tutto ciò – secondo Fara – si viene a creare un ‘familismo di tipo utilitaristico’, basato soprattutto sui benefici economici e sociali della coabitazione”.

Dalla ricerca emerge che il tipo di famiglia più diffuso è quello “con un nucleo”, in tutto 15.532.005 di unità che rappresenta il 71,2% del totale. Le famiglie senza nucleo, invece, ammontano a 5.981.882 (27,4%) e sono quasi tutte costituite da singoli. Il 66,1% delle famiglie ha figli, contro un 29,5% che è senza. Aumentano le coppie conviventi (in 10 anni sono salite dall’1,8% al 3,6%, pari a 510mila unità) e cresce anche il fenomeno delle “libere unioni” (564mila), delle quali la metà ha almeno un componente reduce da una separazione o un divorzio precedente. Questi fenomeni evidenziano quanto a livello di opinione pubblica appare sempre più chiaro: “Indebolita dagli effetti della crisi economica, con l’esplosione del precariato, i processi inflazionistici, il declino produttivo e occupazionale, nonché dai processi di disgregazione cominciati con l’introduzione del divorzio e con l’ingresso della donna nel mondo del lavoro – ha aggiunto Fara – la famiglia resiste come soggetto economico e relazionale in grado di fornire ai suoi membri un riparo dall’inospitalità del mondo”. “Scusate il ritardo: il fenomeno della ‘posticipazione'”: è lo slogan coniato dall’Eurispes per descrivere i cambiamenti nel vissuto delle persone e delle famiglie di questi ultimi anni. “Il ciclo di vita individuale –ha detto Gian Maria Fara, presentando stamani a Roma la ricerca “Verso il ‘familismo utilitaristico’ – continua a spostarsi in avanti, con la conseguenza di determinare un inevitabile allungamento dei tempi che scandiscono gli eventi decisivi: le donne fanno il primo figlio sempre più tardi, i figli lasciano più tardi la famiglia di origine, ci si sposa più tardi, di meno e sempre di meno in chiesa”. Secondo Fara, “il fenomeno della ‘posticipazione’ va infatti di pari passo con quello della secolarizzazione del rito matrimoniale. L’erosione del matrimonio considerato tradizionale è lenta ma costante”. A sostegno di questa tesi, l’Eurispes ha fornito una serie di dati, a partire dalla crescita del rito civile nel matrimonio, passato dal 3,9% del 1971 a ben il 28,7% del 2003: vale a dire che ormai un matrimonio su tre non viene più celebrato in chiesa. Parimenti, in trent’anni è letteralmente “crollato” sia il numero annuo dei matrimoni (da 404mila a 258mila), sia il “peso” percentuale rispetto agli abitanti (da 7,5 per mille a 4,5 per mille). Il risultato di questi fenomeni è che la gran parte degli “studenti” (dizione che nasconde, secondo l’Eurispes, “uno stato di inoccupazione prolungata”) rimane a casa coi genitori, spesso fino a 34 anni di età. “Sembra sia la mancanza di sicurezza economica – ha detto Fara – ciò che spinge i cosiddetti giovani a non lasciare il nido familiare. Anche perché ben 1 su 5 dei 33-37enni che spiccano il volo, sono poi costretti a tornare sui loro passi”. Esponenziale anche l’aumento di separazioni e divorzi: se nel 1995 si verificava una separazione ogni 5,5 matrimoni celebrati nello stesso anno e un divorzio ogni 10,7 matrimoni, nel 2002 il rapporto scende a una separazione ogni 3,3 matrimoni e un divorzio ogni 6,6.Sir