Italia

COLF E ASSISTENTI FAMILIARI: INDAGINE ACLI-IREF

Come vengono guardate la donna italiana e la famiglia italiana dagli occhi delle colf straniere? Il 54,8% delle colf “non vorrebbe essere come lei”, per il 40,4% i bambini italiani sono “viziati”, per il 37,8% gli anziani affidati ad altri “non sono al centro della vita familiare”. E l’uomo italiano? Il campione di intervistate si è spaccato in due: per la metà è un buon esempio, per l’altra metà non lo è. Questo è ciò che emerge, in sintesi, dalla prima parte della ricerca realizzata dalle Acli-Colf, in collaborazione con l’Iref, sulle opinioni e la condizione delle colf in Italia, presentata oggi pomeriggio a Roma, in coincidenza con l’apertura della XVI assemblea nazionale delle Acli-Colf.

L’indagine è stata condotta nei mesi di gennaio e febbraio 2005 coinvolgendo le sedi provinciali Acli-Colf. “Il rapporto tra le colf e la società italiana – si legge nell’introduzione – sembra essere un affare tra donne e il confronto tra culture è anche un confronto tra modelli femminili”. Il 54,8% delle intervistate non vorrebbe quindi essere come la donna italiana, risultato spiegato “dalla diversità culturale di cui le colf si ritengono portatrici e nel comprensibile tentativo di voler conservare la propria identità”. Sono soprattutto le donne latino-americane (il 66,7%) ad esprimere questo giudizio, mentre le meno critiche sono le europee dell’est (51,8%). Tra il 45,2% delle colf che vorrebbero essere invece come le donne italiane, la ragione prevalente è dovuta “alle condizioni socio-economiche agiate”. L’83% delle intervistate si dice comunque “ben inserita” nel quotidiano della famiglia in cui lavora ma riguardo ai metodi educativi italiani i giudizi sono diversificati: una colf su quattro (26,3%) sostiene che i bambini italiani sono ben accuditi (soprattutto materialmente), il 25% non nota differenze con il proprio Paese, ma il 40,4% considera i bambini italiani “viziati, troppo compiaciuti dai loro familiari e troppo abituati al superfluo”. Riguardo agli anziani, il 37,8% pensa che “affidarli ad altri significhi non metterli al centro della vita familiare”, mentre per il 26,3% sono “soli e poco rispettati”.

In Italia sono circa 1 milione le persone che svolgono lavoro di cura, la metà delle quali in situazioni irregolari. “Senza questo prezioso apporto di welfare – ha affermato Luigi Bobba, presidente nazionale delle Acli – il nostro Paese si troverebbe a rispondere ad una mole imponente di bisogni di assistenza per i quali non esisterebbero né le risorse, né le strutture per farvi fronte”. Da qui la richiesta di maggiori tutele, tra cui una copertura assicurativa in caso di malattia, visto che oggi è completamente assente, anche in caso di ricovero ospedaliero.

Altra richiesta, già ribadita dall’altra organizzazione di categoria Api-Colf (che a sua volta ha presentato altre proposte di legge sull’indennità di malattia), è di non essere più chiamati “badanti” ma “collaboratrici familiari” o “assistenti familiari”.Sir