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MAFIA, LA CASSAZIONE CONFERMA L’ASSOLUZIONE PER GIULIO ANDREOTTI

«La Corte rigetta il ricorso del Pg e dell’imputato e condanna quest’ultimo al pagamento delle spese processuali». E’ questo il dispositivo emesso dalla II sezione penale della Cassazione al termine dell’udienza del processo che riguardava il senatore a vita Giulio Andreotti. Per quanto riguarda il pagamento delle spese processuali, si tratta di una «cifra ingente» perché relativa a 11 anni di procedimenti giudiziari, sottolineano indiscrezioni della Procura della Suprema corte.

«Sono soddisfatto di essere arrivato vivo alla fine di questo processo. Qualcuno voleva che togliessi il disturbo, ma non l’ho fatto», ha commentato a caldo la sentenza Giulio Andreotti. «Oggi voglio sottolineare la grande libertà dimostrata dai giudici della Cassazione: non perché gli altri non lo siano, ma perché in altre zone ho visto, in alcune udienze, dei condizionamenti che hanno poco a che fare con il diritto». «Molti episodi – ha aggiunto – mi hanno lasciato sconcertato: ho visto delle forme di tale manipolazione dei collaboratori di giustizia che spero di dimenticare». Ora la questione è chiusa.

La Corte di Cassazione ha confermato oggi la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo il 2 maggio 2003. Mentre i giudici di primo grado, con la sentenza del 23 ottobre 1999 avevano assolto Andreotti dall’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso per insussistenza del fatto contestato (richiamando l’art. 530, secondo comma, del codice di procedura penale, ossia la vecchia formula dell’insufficienza di prove), i giudici di secondo grado avevano distinto due momenti nei presunti rapporti di Andreotti con la mafia. Il primo ha riguardato i fatti fino al 1980 – qualificati come associazione per delinquere «semplice», non esistendo allora l’associazione di tipo mafioso – che i giudici hanno ritenuto prescritti; i secondi – qualificati come associazione per delinquere di tipo mafioso – sono stati ritenuti insussistenti, per cui e’ stata pronunciata sentenza di assoluzione (anche in questo caso, tuttavia, con richiamo al secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale).