“Dona, o Signore, a Marco la gioia di tagliare il traguardo della tappa più importante, quella del Paradiso”. E’ la preghiera che mons. Antonio Lanfranchi, vescovo di Cesena-Sarsina, ha elevato oggi nel corso del funerale di Marco Pantani morto nei giorni scorsi a Rimini, per cause ancora del tutto da chiarire. “La fede nella Resurrezione ha detto il vescovo nell’omelia davanti ai numerosi fedeli che affollavano la chiesa di San Giacomo a Cesenatico – sostiene la nostra speranza; in questa fede il nostro non è un addio a Marco, ma un arrivederci in quella patria dove Dio tergerà ogni lacrima”. “Che cosa dice la vita e la morte di Marco a ognuno di noi?” ha chiesto il vescovo. Una domanda rivolta a “giovani, persone del mondo dello sport, estimatori, tifosi, amici” la cui risposta è da cercarsi “non nei dibattiti, ma nel nostro cuore, nel segreto della nostra coscienza, nella voce dei nostri sentimenti”. “Marco ha aggiunto – invita tutti a un serio esame di coscienza su tutto quello che è lo sport e su tutto ciò che ruota intorno allo sport. L’uomo è più grande delle sue vittorie e delle sue sconfitte; l’uomo vale di più del ciclista; l’uomo porta iscritto nel suo essere creatura il carattere del limite. Dentro al campione batte sempre un cuore di ragazzo, di un giovane, con le sue paure, le sue fragilità, con un suo mondo da tutelare. Un cuore che ha bisogno di normalità e non può essere sacrificato a nessuna logica di sfruttamento”. “L’ideale che deve stare davanti e al cui servizio si pone l’attività sportiva” per mons. Lanfranchi “è lo sviluppo integrale e armonico dell’uomo. Lo sport attira i giovani e noi non possiamo guardare ad esso se non con animo positivo. Esso ha potenzialità educative, umane e spirituali, enormi. La sua pratica può liberare i giovani dalle insidie dell’apatia e dell’indifferenza, suscitare in loro un sano antagonismo; può contribuire a far amare la vita, educare al sacrificio, al rispetto e alla responsabilità, portando alla piena valorizzazione di ogni persona. Occorre recuperare una visione dello sport non solo come competizione e successo, ma come fattore educativo al servizio del mondo giovanile”. Per questo motivo il vescovo ha chiesto “unità e decisione “nel contrastare ogni aspetto deviante che vi si possa insinuare e che possa ostacolare lo sviluppo pieno della persona e la sua gioia di vivere. È necessaria ogni cura per la salvaguardia del corpo umano da ogni attentato alla sua integrità, da ogni sfruttamento, da ogni idolatria”. “In questi giorni ha concluso – è stata ricordata una scritta di un ex voto, firmato da un Club Marco Pantani: Perché non cadiamo nell’abisso della disperazione. Perché non affondiamo nelle sconfitte. Dio ci ha messo nel cuore il sentimento dell’amicizia’. È un messaggio forte sulla necessità e sul valore dell’amicizia quello che colgo dalla vita e dalla morte di Marco; dell’amicizia vera, che ti dà la libertà di ricorrere agli amici sempre, quando le cose vanno bene e quando ci troviamo in difficoltà, che ci porta a superare la constatazione che un amico non si fa vivo per chiederci il perché e trovare la soluzione giusta. Che nessuno si senta solo, sia lasciato solo, ma possa vivere quella rete di relazioni che lo vitalizzano”.Sir